Hamida e la sua radio per le donne afghane
giovedì 4 aprile 2024

«No, non siamo libere. O meglio, siamo libere dentro una scatola». Hamida Aman parla dalla Francia, Paese in cui vive da anni, ma il suo cuore e la sua testa sono a Kabul, in Afghanistan. Dal 15 agosto 2021, quando i fondamentalisti islamici hanno rovesciato il governo filo-occidentale, è tornata più volte e tra sé stessa e ciò che osservava fuori, per strada, ha dovuto mettere un muro. «Una corazza, per non soffrire troppo nel vedere le donne mendicare per strada, per non farmi distruggere dalla disperazione che si respira dovunque. Ho la sensazione di aver perso il mio Paese, fin dal primo viaggio a Kabul mi sono sentita straniera a casa mia», racconta Hamida in videocollegamento con Avvenire da Parigi.

Indossando la sua personale corazza ha fatto crescere una radio privata, Radio Begum, che oggi è la più ascoltata in Afghanistan e l’unica interamente gestita da donne per le donne, con 18 antenne installate con molta fatica, grande pazienza e perseveranza in 20 delle 34 province afghane. Radio Begum, il nome della nonna della fondatrice che in afghano significa “principessa”, ha 35 dipendenti donne tra cui giornaliste, psicologhe, insegnanti, teologhe e dottoresse. Come riuscite a trasmettere nel Paese dei mille divieti? «Il bando al lavoro femminile non ha colpito chi opera nei media – spiega Hamida -. I taleban ci ascoltano, ci dicono di cosa non parlare, tengono d’occhio i nostri social, a volte bloccano alcune trasmissioni. Non vengono in redazione con le armi, no, ma talvolta possono essere molto rudi. Andiamo avanti così, trattando e mediando e conservando la nostra libertà in scatola», afferma lei, giovane donna esile, con i capelli chiari sulle spalle, giornalista e imprenditrice.

Libere in una gabbia. Però da quella gabbia le 35 operatrici trasmettono talk a carattere informativo ed educativo, organizzano dibattiti su cosa l’islam prevede rispetto all’età del matrimonio, al divorzio, al lavoro femminile, parlano di violenza sulle donne, di salute fisica e mentale, fornendo nozioni utili alle donne e alle ragazze che per lo più vivono isolate in casa. E soprattutto l’emittente trasmette lezioni nelle diverse materie dei curricula scolastici.

Hamida Aman

Hamida Aman - per gentile concessione di H.A.

«Sei ore di lezione al giorno, tre in pastho e tre in dari, le lingue principali del Paese. È praticamente l’intero programma scolastico». Come hanno ottenuto il permesso dei taleban, che al loro insediamento hanno chiuse le scuole alle ragazze dopo i 12 anni? «All’inizio ci hanno incoraggiati, dicevano che poiché non potevano garantire la frequenza alle ragazze era utile che la scuola arrivasse nelle loro case. E così abbiamo iniziato. Non ci hanno fermato».

Hamida ha due figli adolescenti, un maschio e una femmina. «È per le loro coetanee che mi batto. L’apartheid di genere che i taleban hanno introdotto è una vergogna per l’umanità», si commuove. Radio Begum e l’organizzazione che la coordina, Begum Organization for Women, sostenuta dall’Unesco, riescono nonostante i controlli a diffondere informazioni su temi altrimenti seppelliti sotto divieti e restrizioni. «La radio è fortemente interattiva, nel senso che incoraggia le ascoltatrici a telefonare o scrivere. Si creano amicizie con le nostre operatrici. Ci sono ascoltatrici che chiamano regolarmente, spezzano l’isolamento e la paura parlando con Radio Begum».

Hamida Aman

Hamida Aman - per gentile concessione di H.A.

La telefonata che l’ha emozionata di più è stata quella di Fatima, una 16enne di Bamyan, cieca dalla nascita e praticamente analfabeta. «Non aveva mai frequentato scuole speciali, né imparato l’alfabeto braille. Ora non si perde una delle nostre lezioni, e ci ha detto che così ha la sensazione di andare a scuola. La radio è il suo unico contatto con la realtà». Hamida, cambieranno le cose in Afghanistan? Quando, come? «Nel mio Paese nulla dura per sempre – risponde –. Sì, il regime cambierà, dobbiamo essere pazienti. Penso che quando i taleban passeranno, le donne di tutto il mondo insorgeranno e sosterranno il cambiamento. Non ho mai sentito tanta solidarietà globale per le donne afghane e iraniane come in questi anni». E Hamida, finalmente, sorride.

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