sabato 7 gennaio 2023
L’invenzione di Morel di Adolfo Bioy Casares, lungo racconto fantastico la cui trama Borges definì «perfetta», è narrazione incentrata su cosa sia guardare, spiare, carpire con gli occhi la realtà e la presenza degli altri se pure secondo traiettorie oblique e celate. Tra le figure spiate dal narratore (un criminale fuggiasco su un’isola) c’è Morel, misterioso vate che attraverso avanguardistiche invenzioni sfida il senso stesso delle immagini, della loro eventuale umanità, del loro possibile decorso e destino. E al centro, prima ancora, sta un’idea dell’immagine come effetto che sì immortala, fissa, scolpisce, ma nel mentre anche altera la relazione tra le persone e il rapporto di queste con lo scorrere del tempo. Una vicenda a sfondo filosofico (nello scriverne la prefazione, Guido Piovene parlò di «brivido metafisico»). E insieme, lettura attualissima per come riflette su questa epoca “social” di totale dipendenza dalle immagini: attraverso l’invenzione di un’invenzione, Bioy Casares arriva a leggere in filigrana i rapporti umani cogliendone il gioco di rimandi continuo tra vedere gli altri e desiderio di essere visti da loro, tra riconoscere e volere venire riconosciuti, tra rappresentazione “iconica” di sé e continuo rischio di diventare, al contrario, mere auto-rappresentazioni vuote. © riproduzione riservata
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