martedì 10 dicembre 2013
La realtà poi è questa: il vecchio, immaginario protagonista di questa rubrica, malgrado l'età avanzata (avanzatissima) non sente la morte più vicina di prima. Sa di essere prossimo alla scadenza: e come potrebbe non saperlo? Ma lo sa solo con la testa: per il resto tira avanti senza fare una piega. Senza farla riguardo allo specifico (fine della vita); per il resto, ovviamente, di pieghe ne fa tante, troppe. Sicché anche i suoi discorsi sulla morte sono di testa. Tentativi (forse) di darsi una consolazione, con quel traguardo, dentro le strette divenute insopportabili della vita. Il peggio è che anche le sue speranze relative al dopo sono di testa. Sì, questo è il peggio assoluto: perché in pratica significa quasi non avere speranze; vivere senza conforto ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. È probabile che in ciò consista la prova più ardua del vecchio (e la più dura punizione dei suoi peccati, lui pensa): dunque, se riuscirà a superarla, in ciò consisterà il suo merito, la sua salvezza. Insomma, la disperazione pratica è il compito ultimo della sua vita, il job che la Provvidenza ora gli assegna e per il quale, se vuole essere una persona per bene, deve dire grazie. Che farà dunque il nostro vecchio? Proverà a dire grazie. Continuamente; raccomandandosi alla misericordia di Dio.
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