mercoledì 3 agosto 2022
Conosciamo le fattezze di Maometto II, il conquistatore (al-Fatih) di Costantinopoli (1453), dallo splendido ritratto che gli fece Gentile Bellini, durante il soggiorno del pittore nella corte ottomana. A questo ritratto, di proprietà della National Gallery di Londra, il giovane studioso Antonio Soldi ha dedicato un volume di grande formato, con illustrazioni, intitolato appunto Al-Fatih. Il viaggio di Gentile Bellini a Costantinopoli (Saonara, pagine 96, euro 25,00). Come scrive Ugo Soragni nell'introduzione, Soldi «affronta l'analisi del testo pittorico di Gentile in una prospettiva criticamente pervasiva, capace di cogliere e selezionare, tra la congerie quasi inestricabile di eventi politici, militari e culturali che caratterizzano le circostanze della sua esecuzione, quelli che ne possono avere rappresentato il presupposto o lo scenario». Al viaggio di Gentile a Costantinopoli, Neri Pozza – che è stato non solo un grande editore, ma anche un grande scrittore – ha dedicato una delle sue Storie veneziane, dalla quale apprendiamo che Gentile (Zentil) tornò a Venezia infatuato di orientalismi, come si vede dall'immenso telero della Predica di san Marco ad Alessandria, gemma della Pinacoteca di Brera a Milano, con una specie di facciata della Basilica di san Marco resa all'orientale con pinnacoli e obelischi, mentre una strana giraffa passeggia sul sagrato. Dal viaggio di Gentile nacque la voga delle “turcherie” che per decenni suggestionò l'arte europea. Purissima invenzione di Neri Pozza è La Putina greca, eponima della raccolta pubblicata da Mondadori nel 1972. La Putina è una giovanissima schiava di Maometto II, barbaramente uccisa dal sovrano malato, che pur l'amava, per avergli gridato “mostro” e che, dopo morta, riappare a Zentil per fargli terminare il ritratto. La descrizione che ne fa Soldi ci presenta il ritratto al vivo: «Il sultano, vestito di una semplice tunica foderata di pelle di lupo e con in capo un pesante turbante, si staglia su uno sfondo perfettamente nero. Il voluminoso copricapo la cui forma arrotondata riporta a quelli usati dagli ulema, i dotti della scuola coranica, si avviluppa intorno a una berretta rossa; mentre il dulbend, ovvero la fascia arrotolata, è bianca come vuole la consuetudine, in vivace contrasto con la veste rossa. Il volto leggermente inclinato verso il basso e lo sguardo “lontano”, sono racchiusi all'interno dello spazio incorniciato da una stravagante architettura rinascimentale arcuata. Sul parapetto di questa improbabile struttura marmorea è steso un drappo ricamato, su cui compare un intricato decoro di perle e gemme». È sempre da una meticolosa osservazione dei particolari che la critica d'arte deve partire.
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