giovedì 3 novembre 2011
La genialità come la santità non si eredita.
Il genio non è altro che una grande attitudine alla pazienza.

Modesto e provocatorio come sempre, quando lo scrittore Oscar Wilde giunse alla dogana di New York nel 1882 alla tradizionale domanda: «Nulla da dichiarare?» rispose: Nothing to declare except my genius! Il genio come unica ricchezza riflette una convinzione comune secondo la quale geni si nasce. Un lettore mi invia una serie di motti e aforismi perché eventualmente li proponga in questa rubrica: i primi due, paralleli tra loro, affermano proprio il contrario di questa convinzione. La genialità non si eredita, dichiara il filosofo russo Nikolaj Berdjaev (1874-1948) in un saggio dedicato proprio alla creatività, mentre il famoso naturalista francese del Settecento, Georges-Louis Buffon, connette il talento a una virtù che parrebbe la meno adatta a un intuitivo, cioè la pazienza.
Si può capire nel caso dello scienziato che, pur partendo da un'ispirazione simile a un lampo, deve poi avviarsi sulla strada meticolosa della sperimentazione, e proprio Buffon ci ha lasciato la sua imponente Storia naturale in ben 36 volumi! Eppure il filosofo e lo scienziato citati hanno ragione. La genialità è, certo, un dono divino, ma può subito sterilirsi se non viene pazientemente coltivata. L'esercizio è indispensabile e la musica suprema di Bach rivela una tecnica raffinata, frutto di allenamento mentale e fin manuale. Del grande Vivaldi si diceva che componesse una partitura più velocemente del segretario che la ricopiava; si sapeva, però, che lavorava instancabilmente a cesellare, a rifinire, a rielaborare. Ecco, allora, un insegnamento per tutti: la fatica, l'addestramento, l'impegno sono necessari a ciascuno e in ogni attività. Solo scherzando sulla scia di Totò si può dire: «Geni si nasce. E io, modestamente, lo nacqui!».
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