domenica 27 settembre 2009
«Abbiamo scoperto l'origine dell'uomo». Bum! Comincia così - e così male - Umberto Veronesi il suo saggio polemico su Repubblica (domenica) 20. È un peana alla scienza, in cui, però, non c'è contezza di che cosa significa quell'affermazione né il «futuro» di cui la settimana scorsa si è discusso, a Venezia, nell'apposita Conferenza Mondiale. Una vera scoperta, anche se solo scientifica, dell'origine dell'uomo comporterebbe, di necessità, la scoperta del suo "perché", del suo fine. Non mi pare che Veronesi ne sia tornato con queste notizie. Si è limitato a parlare di Dna, quasi che in questo consistesse l'essenza dell'uomo re ne ha tratto la conseguenza che, «per salvare una vita o migliorarne la sua qualità», la scienza «ha pensato di intervenire prima della nascita» e «decidere di interrompere la gravidanza per non mettere al mondo bambini malformati e destinati al tormento e alla morte precoce». Davvero una bella scienza quella che, per guarire una malattia, uccide il malato. Non suggerisce nulla a Veronesi, a questo proposito, la scoperta dell'«origine dell'uomo»? Da quel che scrive, il rischio della «cosiddetta eugenetica» non esisterebbe: «Nessuno vuole "migliorare" gli esseri viventi, ma solo tutelarne la salute». La scienza ci direbbe, insomma, che la salute è una cosa e la vita dell'uomo un'altra e che la prima può essere tutelata a prescindere dalla seconda. E chi si oppone sarebbe «ideologicamente» prevenuto. Al contrario, questa non è vera scienza, ma semplice ideologia utilitaristica frutto del relativismo.

IL MIRACOLO
Dispiace (perché è malata di Sla) leggere come Caterina Vighy, finalista al Campiello con il suo romanzo autobiografico, invece di gioirne, fa sarcasmo su un "miracolo" di Lourdes (Repubblica, sabato 19) e contrappone la "Giornata nazionale di lotta alla Sla" alla guarigione di una malata come lei, colpevole, in ogni caso, di venire «dalla Lucania, terra appartenente da sempre al mondo magico [...] Così si può dire addio alla crudele ricerca sulle cellule staminali (gli embrioni piangono nei frigoriferi), tanto c'è il miracolo» e lancia la boutade dell'«Isola dei Brutti e Famosi. Portarci lì, coi nostri lettini, sondini, sintetizzatori, a cavarcela da soli. Vincitore: l'ultimo che morirà». Inutile ricordare che a Lourdes, in 150 anni, sono state annunciate 7000 guarigioni, ma dichiarati solo 67 miracoli, dei quali l'ultimo dopo 40 anni d'indagini. E nemmeno il miracolo quotidiano che nessuno, dei milioni di non guariti torna deluso da Lourdes. Meglio sintetizzare il "miracolo d'amore" che Massimo Gramellini racconta su La Stampa (domenica 20): Lorenzo e Loretta, entrambi in carrozzina, s'incontrano casualmente nella Grotta e qualcosa nasce dentro di loro. Si rivedranno in Italia, sempre in carrozzina, nonostante abitino lontani, e ora «sono consci che nella loro vita dovranno scontrarsi e superare tanti ostacoli [...] incontreranno persone amiche, ma anche sguardi curiosi e poco attenti alle loro esigenze. Tutto questo e altro ancora, però, non ostacolerà il loro piccolo grande amore». Se l'amore, a volte, fa miracoli, nessuno ne fa l'invidia. Vale anche per chi va amato perché malato nel corpo e nel cuore.
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