venerdì 22 luglio 2011
La buona educazione consiste nel nascondere quanto bene pensiamo di noi stessi e quanto male degli altri.

Non è la prima volta che ci divertiamo in questo nostro spazio quotidiano di riflessione con Mark Twain e le sue fulminanti osservazioni. Un giorno lo scrittore americano, nato nel Missouri nel 1835 e morto nel 1910, stava tenendo una conferenza e s'accorse che un ascoltatore ricorreva spesso all'orologio. Non seppe trattenere la battuta: «Che lei, signore, guardi ogni due minuti l'orologio, posso anche capirlo; ma che lei se lo porti anche all'orecchio, per verificare se funziona, mi sembra francamente eccessivo». «Francamente eccessiva» definì anche la notizia della sua morte pubblicata avventatamente da un quotidiano di allora. L'ironia di Twain ci porta all'odierna citazione sulla buona educazione, tratta dai suoi Taccuini.
Con amarezza bisogna riconoscere che è un'arte perduta, né ci si preoccupa di rinverdirla a scuola. Basta solo salire su un mezzo pubblico per assistere alla sguaiataggine nei comportamenti, al disprezzo dei deboli, all'ignoranza delle regole, alla brutalità nei confronti della cosa pubblica. Detto e ripetuto questo, si deve anche riconoscere che sussiste un'altra sedicente «buona educazione» che è proprio quella sbeffeggiata da Twain. È il trionfo dell'ipocrisia e della falsità; è il dire una cosa e pensarne un'altra; è il lodare anche l'indegnità, pur di assicurarsi un vantaggio; è il non denunciare l'immoralità per quieto vivere e così via elencando. Uno scrittore americano contemporaneo di Twain, Nathaniel Hawthorne, però, nel suo capolavoro, La lettera scarlatta, ammoniva: «Nessuno può avere a lungo una faccia per sé e un'altra per la folla senza rischiare di non sapere più quale sia la vera».
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