Forse non patriarcali, ma in Italia il maschilismo resta ancora forte
martedì 28 novembre 2023

Caro Avvenire,
non riesco a capire cosa si voglia dire quando si parla di cultura maschilista e patriarcale. I bambini, maschi e femmine, stanno con le mamme; al nido e alla scuola dell'infanzia ci sono prevalentemente insegnanti ed educatori donne; alla scuola primaria ci sono prevalentemente maestre... Confesso che mi sfugge qualcosa. Chiedo lumi.
don Serafino Romeo
Prato

Gentile don Romeo,

la sua domanda riecheggia anche in altri messaggi giunti ad “Avvenire” e divide i partecipanti al dibattito pubblico accesosi - giustamente - dopo la brutale uccisione di Giulia Cecchettin. È persino banale dire che i termini di una discussione andrebbero definiti prima di accapigliarsi sul loro uso. Secondo l’enciclopedia Treccani, il patriarcato è «il tipo di sistema sociale in cui vige il “diritto paterno”, ossia il controllo esclusivo dell’autorità domestica, pubblica e politica da parte dei maschi più anziani del gruppo».
C’è il patriarcato in senso formale oggi in Italia? No, ovviamente. Sarebbe contro la Costituzione, innanzi tutto. C’è un patriarcato in senso lato, come sottomissione non codificata eppure diffusa della donna? Tenderei di nuovo a dire no. C’è una cultura maschilista intesa come generale disuguaglianza sostanziale tra uomo e donna? Risponderei con un sì.
I femminicidi sono l’aspetto più tragico, com’è evidente, il vertice di una piramide. Mia moglie è psicologa. All’ospedale non è raro che un paziente le si rivolga con “signora”, mentre ai maschi in camice dice“dottore”. Non si tratta di cavalleria o riguardo, bensì del mancato riconoscimento (degli uomini) di un ruolo che è ancora pensato al maschile.
Non facciamo un dramma per un titolo, certo. Ma il maschilismo è in mille retaggi di una differenza che si imponeva in virtù di un’asimmetria di potere che esisteva, si accettava e così si perpetuava. Continua a farmi impressione che fino al 1963 le donne non potessero entrare in magistratura. Oggi abbiamo una premier e non possiamo che esserne lieti. Eppure, il maschilismo non è estinto.
Che sia radicato lo dimostra proprio quanto lei sottolinea. La cura è sempre stata affidata alle donne. Eppure, l’educazione emotiva e relazionale era di fatto differenziata. Qualcuno ha ricordato di recente una frase che mamme ed educatrici dicevano spesso ai bambini: “Non piangere come una femminuccia”. La scuola riproduceva (e riproduce ancora?) il sistema sociale vigente, le donne ne erano (sono) pienamente parte, in una situazione di inferiorità.
In definitiva, è un errore non riconoscere gli enormi passi avanti che abbiamo fatto in termini di parità (che a me piace leggere meno astrattamente come “minori sofferenze per chi era subordinato”).Dunque, risulta esagerato - concordo con lei, caro don Romeo - dipingerci come improvvisamente tornati al patriarcato, seppure choccati per la violenza che ancora colpisce l’universo femminile. Non dobbiamo però dimenticare il nostro compito di continuare a contrastare con convinzione la persistente cultura maschilista.

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