Fare "Epoca" con "Grazia", la sorpresa di Marisa Rastellini
lunedì 2 maggio 2022

Il Mia Fair ha chiuso ieri i battenti al Superstudio Maxi di Milano, con le immagini proposte da 97 espositori che hanno affrescato di visioni la bianca struttura di via Moncucco. Il meglio della fotografia, fra tanti artisti, galleristi, esperti, appassionati nella kermesse ideata da Fabio e Lorenza Castelli. Ma chiusa la fiera, non tutto finisce. Ci sono rassegne che lasciano delle eredità. O delle scoperte. Che poi non ci abbandonano, diventando patrimonio personale o collettivo. Così se certamente ricorderemo l’immagine coordinata con le nature morte – tratte dalla serie You Choose, I seduce (2017) come il Red Lemon - dell’artista olandese Larissa Ambachtsheer (1993) che indaga il comportamento umano creando set e messe in scena, non possiamo non portarci dietro alcune chicche. Visibili o no. È Invisibile il progetto di Roberto Polillo, che dopo la fotografia “jazz” e da “street art”, è approdato al viaggio, esplorando nuovi linguaggi artistici, che generano curiosità, se non apparenti incredulità. Velate sono invece le foto di Jessie Chaney nella serie Memory of a Space: obiettivo puntato su numerosi siti abbandonati e trascurati incontrati dall’artista nei suoi viaggi. Resti del progresso e del cambiamento. Rovine, tagliate fuori dalla vita, che però restano rivelatrici del passato e di una vita vissuta. E nelle quali Chaney trova la bellezza. Da cogliere muovendosi fra tende d’organza, come finestre da aprire, da cui affacciarsi nella realtà. Per leggere una frase, cogliere un particolare che dà una chiave diversa e un senso positivo a un pezzo di muro, a una pompa di benzina abbandonata, a una strada che non porta più da nessuna parte.

E poi c’è lei. Marisa Rastellini. E il suo Sguardo gentile. Una fotografa che viene da un passato in cui ha fatto Epoca, con Grazia, raffinata autrice tra gli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta per i due magazine e rimasta dopo assolutamente sconosciuta. Fino a qualche giorno fa. Perché entrando al Mia non si poteva non lasciarsi sedurre da una gigantografia di Monica Vitti (scomparsa il 2 febbraio scorso), fotografata da Marisa Rastellini in uno stabilimento balneare nel 1971, che apriva la prima monografica dedicata all’artista romana. Frutto di un lungo e meticoloso lavoro di ricerca negli archivi della Mondadori, che ha restituito i suoi ritratti di attori, personaggi della letteratura e della cultura italiana, oltre ai numerosi reportage di moda. Curata da Maria Vittoria Baravelli, in collaborazione con Mondadori Portfolio, la mostra ricostruisce l’universo di Marisa Rastellini, delineando il ritratto di un’artista schiva e delicata, che attraverso il suo obiettivo ha saputo immortalare con sguardo profondo i grandi intellettuali d’Italia come Pier Paolo Pasolini, Elsa Morante, Dacia Maraini. E poi le attrici Virna Lisi, Monica Vitti, e ancora Marcello Mastroianni, Federico Fellini, Valentino Garavani. Fotografie che ci sembra di conoscere da sempre, eppure inedite.

Marisa Rastellini, l'attrice Monica Vitti posa durante un servizio fotografico in uno stabilimento balneare, 1971

Marisa Rastellini, l'attrice Monica Vitti posa durante un servizio fotografico in uno stabilimento balneare, 1971 - © Mondadori Portfolio/Marisa Rastellini

“Gli archivi sono cartografie da navigare, terre da esplorare – commenta la giovane curatrice Maria Vittoria Baravelli -. In un orizzonte in cui il digitale prospera in tutti gli ambienti, gli archivi riescono ancora attraverso le buste, i provini, i cassetti e i negativi a rimanere fermamente impressi nel reale. Per questo riscoprire Marisa Rastellini è così importante: una fotografa romana degli anni 60’ di cui non sappiamo quasi nulla. Conosciamo solo il suo essere discreta e gentile, incredibilmente schiva eppure così profonda nel registrare attraverso i suoi occhi i volti e i costumi del secondo Novecento italiano. Dopo oltre 50 anni le fotografie di Marisa Rastellini escono dalle buste e vedono di nuovo la luce. Noi guardiamo loro ma sono loro a raccontare ciò che siamo stati e ciò che, con le dovute differenze, continuano ad essere”. Davvero una bella scoperta.

Una foto e 603 parole.

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