giovedì 10 agosto 2006
Gli uomini non dovrebbero riflettere tanto su ciò che devono fare. Dovrebbero piuttosto pensare a quello che devono essere.Non è la prima volta che a parlarci nella nostra piccola oasi di riflessione è Meister Eckhart, un originale teologo domenicano tedesco contemporaneo di Dante. Anche queste sono sue parole che anticipano la ben nota distinzione tra l"essere e l"avere come guida del comportamento personale proposta dal filosofo Erich Fromm nella sua ben nota opera Avere o essere? del 1976. Certo, è importante anche il fare, come insegna la figura del diacono Lorenzo che oggi la liturgia festeggia, testimone di carità nei confronti dei poveri di Roma. «Perché - ammoniva già san Giacomo nella sua Lettera - se uno ascolta soltanto e non mette in pratica la parola, somiglia a un uomo che osserva il proprio volto in uno specchio: appena s"è osservato, se ne va, e subito dimentica com"era» (1, 23-24).Ma non c"è dubbio che prima del fare c"è l"essere, ossia il lavoro da compiere sulla coscienza, sulla volontà, sul comportamento. La famosa frase dell"Amleto di Shakespeare è capitale: «Essere o non essere: questo è il problema». Si può, infatti, diventare come automi che si muovono e agiscono freneticamente ma che non stringono nulla tra le mani perché manca in loro la sorgente di intelligenza e di amore che dà senso a quelle azioni così disperse. Mi viene in mente un verso delle Prime Poesie del grande poeta tedesco Heinrich Heine (1797-1856) che, più o meno, interpellava la sua donna così: «Non mi chiedere che cosa ho, o mia cara, chiedimi invece che cosa sono». Dovrebbe essere questa l"unità di misura della dignità di una persona: non il suo 740 ma la sua umanità, il suo cuore, la sua bellezza interiore.
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