domenica 16 aprile 2006
L'ultima trovata è di un teologo valdese noto e stimato: «L"eutanasia può essere cristiana» (Micromega, n. 6). Si tratta del prof. Sergio Rostagno, secondo il quale bisogna abbandonare «l"idea che solo Dio può emettere la sentenza di morte, può mettere fine alla vita umana». Al contrario, «Dio non dà la morte, ma ripara da essa. Al limite è il difensore, non l"accusatore. Dio dei viventi e non dei morti [...] Così non può essere colui che condanna a morte, o a una morte lenta e dolorosa». Desta meraviglia una lettura così letterale (si direbbe fondamentalista) della Scrittura e del pensiero cristiano. Fatti salvi, infatti, i principi che Dio può decidere la morte di un uomo e che, in ogni modo, la scelta della morte fu compiuta, all"origine, non da Dio, ma dall"uomo con il peccato, il potere di vita e di morte Dio lo esercita nell"ordi-ne della natura, che regola ogni evento nella creazione. In questo senso, e non solo, Dio è «il Signore della vita e della morte» e «prende una decisione sulla mia morte». La cosa singolare è che Rostagno definisce giustamente Dio «il difensore, non l"accusato-re», ma subito dopo cade in un grave equivoco. Ricorda «la responsabilità che il Dio della vita ci dà» e ne conclude che, dunque, «noi possiamo, con i dovuti accorgimenti e in casi determinati, aiutare a morire» e spiega: «Non è forse ovvio che rimetta a Dio la mia vita come ultimo estremo atto della mia responsabilità umana di fronte a lui e quindi come ultima mia scelta?». Non è «ovvio», bensì possibile, perché l"uomo è stato fatto da Dio libero in tutte le sue scelte, ma anche di esse responsa-bile con tutto quel che " «è ovvio» " ne conse-gue. E qui il Nostro inciampa ancora ripetuta-mente. Cito: «Per trovare un accordo tra opinioni diverse basta a volte evitare la parola eutanasia», come se tutto si risolvesse in un gioco di parole: anche qualche teologo ricorre all"Antilingua? E ancora: «Gli argomenti che si danno come religiosi si riconoscono per il loro carattere ideologico e perentorio». Giacché oggi è Pasqua, giorno della Resurrezione, e che il suo discorso vuole essere «teologico», chiedo al prof. Rostagno se sia «ideologico» ricordare che la vera morte che il cristiano deve temere è quella eterna. Faccio mia la sua stessa conclusione: «Non perché credo in Dio devo bermi qualsiasi sciocchezza».
NONSENSI E VIGLIACCHERIEUn nominato e un innominato hanno scelto il Giovedì e il Venerdì Santi per riempire ciascuno una pagina di giornale con le loro critiche a Papa Benedetto. Il nominato è Hans Küng (La Stampa, giovedì 13), che, pur avendo espresso anche qualche apprezzamento, conclude con una domanda: «Dati i difetti della cristianità e i tratti positivi delle altre fedi, questo Papa sarà capace di rendere compatibile la convinzione della verità della sua propria fede con il rispetto della verità delle altre fedi?». La domanda mi pare scarsa di senso. L"innominato è, invece, l"anonimo autore di un libello «Contro Ratzinger» (La Repubblica, venerdì 14), di cui vale la pena di raccogliere solo una preghiera e la conclusione. La preghiera è quella di un «ultranovantenne»: «Prego Dio di darmi la forza di non convertirmi in punto di morte». La conclusione è una citazione sia di Ovidio che di Cartesio: «Bene qui latuit, bene vixit, chi si è nascosto bene, ha vissuto bene». Vigliacchetto, no?
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