Europa meglio confederale o federale? Che ci protegga, al di là dei sovranismi
martedì 16 gennaio 2024

risponde Andrea

Caro Avvenire, recentemente l’ex ministro Giulio Tremonti ha indicato il suo modello di Europa: una confederazione che unisce il necessario, la politica estera e di difesa, lasciando agli Stati ciò che non è necessario. Tale modello non può funzionare. Ci vogliono una politica estera e di difesa europee con un vero governo federale che risponde del suo operato al Parlamento. Proprio l’Assemblea di Strasburgo il 22 novembre ha approvato una proposta di riforma delle istituzioni in senso federale. Gli eurodeputati di Fratelli d’Italia e Lega hanno votato contro. Chi vuole un modello confederale per la Ue ci condanna all’irrilevanza.

Nicola Vallinoto

Genova

Gentile Vallinoto, approccio federale e approccio conferedale sono i grandi modelli che si contrappongono per il futuro dell’Europa comunitaria. Il primo è quello dei fautori di un Continente più unito politicamente, simile agli Stati Uniti o alla Svizzera. Il secondo vuole di fatto congelare la situazione attuale o fare, addirittura, qualche passo indietro. Non è un mistero che fino alla scorsa legislatura (marzo 2018), Giorgia Meloni abbia presentato progetti di legge alla Camera con cui si chiedeva di modificare parzialmente l’interpretazione dell’articolo 11 della Costituzione per quanto riguarda le «limitazioni di sovranità ». Lo strumento sarebbe stato l’abolizione di parti di altri articoli (97, 117 e 119) che rendono il diritto comunitario sovraordinato a quello italiano per le materie stabilite dai Trattati.

In sostanza, fare sì che norme e vincoli europei siano applicabili «solo in quanto compatibili» con la piena e primaria sovranità della nostra Repubblica. Si tratta di una via procedurale al sovranismo, tale da rendere l’Europa poco più che un mercato unico, quando peraltro non sia preferibile qualche forma di protezionismo.

Sono d’accordo con lei, caro Vallinoto, che un’Europa confederale senza una vera centralizzazione delle politiche estere e di difesa rischia di risultare «un vaso di terracotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro», per dirla con il Manzoni. Lo stiamo, peraltro, constatando in queste ore davanti alla crisi nel Mar Rosso. Le milizie filo-iraniane Houthi tentano di bloccare con la forza il libero traffico marittimo e di conseguenza i prezzi del petrolio sono saliti, grandi aziende senza componentistica fermano la produzione, in generale le nostre economie ne vengono danneggiate.

Chi è intervenuto finora - per quanto discutibile possa essere stata la risposta militare? Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, mentre i governi della Ue si sono divisi e l’Alto rappresentante Josep Borrell tenta di organizzare una missione comunitaria, sperabilmente non troppo tardiva. Sarebbe in grado ciascuno Stato membro di tutelare da solo i trasporti di proprio interesse? C’è da dubitarne. E se Trump vincesse le elezioni e riducesse l’impegno Usa a Est e nel Mediterraneo, che cosa faremmo?

Abbiamo bisogno di un’Europa efficace ed efficiente, costruita insieme, al di là delle formule istituzionali e delle piccole rivendicazioni nazionali.



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