domenica 14 maggio 2006
Ieri su "Repubblica"(p. 1 e 56-57 quasi intere) Gustavo Zagrebelski duella con i padri Gesuiti di "Civiltà Cattolica" danzando leggero su logica, teologia, storia e politica con tesi secca che in realtà ce l'ha con 2000 anni: la Chiesa ha fino dall'inizio tradito Gesù Cristo. Lui, che pure era "la verità" in persona, ha insegnato che conta solo la carità e non ha condannato nessuno, ma la Chiesa già con S. Paolo ha messo al primo posto la verità e seppellito la carità. Tesi un po' offensiva, come scrivono i Gesuiti? Macché, ribadisce l'Autore, e spiega che tutto viene da un errore di logica primaria: nel binomio fede-ragione la Chiesa mette prima la fede e solo poi la ragione e perciò - guaio di sempre e soprattutto di oggi - "mostra una naturale propensione a volersi imporre attraverso le leggi civili". Chiaro: qui siamo noi. Soave ricetta Zagrebelski: basterà ridare il primo posto alla carità e sarà pace. Per lui di recente ci ha provato anche un cardinale, parlando di "male minore". E' un buon inizio: se diciamo "bene maggiore" tutto filerà. Sui temi di etica sessuale - aborto, eutanasia, coppie gay, procreazione artificiale ecc. - conta solo la carità verso le singole situazioni, perché la verità, sempre astratta e dura, è inconciliabile con il Cristo originale. Fine: un'aragosta enorme, rossa e lucida. Alla prova, lettura come pentola e pagina come piatto, la trovi vecchia e avariata. E' proprio vero che Gesù non ha mai condannato nessuno? Dal Vangelo non pare. E poi ha detto a quei poverini dei Dodici: "chi ascolta voi, ascolta me". Elementare: perché non leggeva "Repubblica".
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