domenica 11 maggio 2014
Ha fatto un gran chiasso l'inserimento di due geni eterologhi nel Dna di un batterio Eschirichia Coli, tanto che, sul Corriere della sera (giovedì 8), il professor Edoardo Boncinelli, genetista all'Università San Raffaele, l'ha proclamato «la prova che l'uomo può costruire la vita».Invece, per quanto importante, è solo un pallido tentativo dell'impossibile promozione della creatura a creatore. Non si tratta di una vita «nuova», bensì di un suo arricchimento, di un Dna diventato «semisintetico». Perciò non c'è da entusiasmarsi troppo.È prevedibile che da questa conquista scientifica si possano ottenere ulteriori risultati utili all'umanità, ma c'è anche il rischio che l'intervento sull'«alfabeto della vita» – ha scritto su L'Osservatore Romano (venerdì 9) Carlo Petrini, responsabile dell'Unità di bioetica del Consiglio superiore di sanità – diventi «un gioco per ricercatori ambiziosi, che manipoli i viventi e che conduca all'ottenimento di prodotti pericolosi e difficilmente controllabili». Anche se Boncinelli è «convinto che molti continueranno cocciutamente a rifiutare» le prospettive che ora si aprono, qualche apprendista stregone è sempre nascosto negli angolini della scienza. Perché, come i gameti umani, anche i geni eterologhi possono creare guai.IL DIRITTO ALLA CULLAEsiste davvero un «diritto alla culla»? Nella loro foresta i nuovi diritti nascono quasi ogni giorno, sempre senza il contrappeso di un obbligo. Molti, purtroppo, sono «civili», cioè deformazioni del diritto (si pensi all'aborto), figli di quel «principio di autodeterminazione» che oggi è da molti considerato la legge suprema del vivere ed è continuamente chiamato in causa a giustificazione di qualsiasi deviazione dal buon senso e dal diritto autentico. Su quest'ultimo «alla culla» bisogna fare chiarezza. Non è certamente un diritto quello che Il Centro, quotidiano pescarese, rivendica (venerdì 9) in proprietà a chi vuole un figlio in qualsiasi modo, anche eterologo. In questo caso è solo una banale voce dell'antilingua, senza alcun valore giuridico né morale. Merita approvazione, invece, quando è rivendicato dal giusto titolare, il concepito o il nuovo nato. La culla è certamente diritto di ogni figlio che nasce, se si allarga alla famiglia, alla casa, all'ambiente, all'educazione, al benessere, alla cultura e alla fede.INTERRUZIONI LETALISu Repubblica Corrado Augias e Mario Riccio – il medico che «interruppe la ventilazione meccanica aiutando Piergiorgio Welby a morire» – convengono (venerdì 9) sul parere che i miracoli non esistono ma, bontà loro, «se possono alimentare una speranza, perché no?». Il dott. Riccio si lamentava perché la Chiesa «illude milioni di persone anche non credenti in alcuna superstizione» e così offende la fede di miliardi di credenti in Dio. Augias, invece, usa il concetto di «interruzione» per «il gesto di profonda misericordia» del medico che, come medicina, dà la morte.È lo stesso verbo che, in antilingua, definisce l'aborto («interruzione volontaria della gravidanza»). Sembra una macabra convenzione. Non basta. Su Il Venerdì un dei tanti che si credono spiritosi e che si autodefinisce «sprovvisto di fede», fa ironia sulla canonizzazione dei due Papi. Neanche questi crede ai miracoli e, però, scrive, «se ne trovano. Basta crederci». Nessuno dei due s'è accorto di aver detto la verità
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