mercoledì 15 giugno 2011
Non sapremo mai chi è la giovane donna finlandese, bellissima, che irrompe nello studio di un doveristico funzionario ministeriale ungherese che ha appena preparato la minuta del discorso fatale che il ministro pronuncerà l'indomani: la Seconda Guerra Mondiale, ormai iniziata, sta per coinvolgere anche l'Ungheria. Questa giovane donna, che si chiama Aino Laine, che vuol dire Unica Onda, è la copia perfetta di Ili, la ragazza di cui il funzionario era innamorato e che si è suicidata tempo addietro.
Comincia con questo mistero Il Gabbiano, di Sándor Márai, uscito nel 1943, che Adelphi pubblica nella traduzione di Laura Sgarioto (pp. 168, euro 16). Solo dopo la morte di Ili il funzionario era venuto a sapere che la ragazza era innamorata del suo demoniaco professore di chimica, e per questo si era uccisa.
Allarmato e incuriosito da quella eccezionale somiglianza, il funzionario quarantacinquenne invita all'Opera l'elegantissima finlandese che gli ha chiesto aiuto per ottenere il permesso di soggiorno. Quella sera " guarda caso " in cartellone c'era Un ballo in maschera. Ma chi è, veramente, Unica Onda? Un'avventuriera, una spia, una semplice ragazza spaesata che ha visto e vissuto troppo? Qui non possiamo svelare la trama del romanzo, possiamo solo esporre alcuni temi.
Per Márai, l'individualità è solo una "sfumatura" della complessa trama del nostro passato, della nostra eredità genetica e culturale: qualcosa come il Karma della filosofia orientale, che Márai non cita. I destini individuali si intrecciano per coincidenze con i destini dei popoli, di cui la guerra è una drammatica componente. E ogni uomo ha un segreto che è la propria forza, ciò che lo innalza dalla medietà statistica dell'opinione e del sentire comune. Come dice il nome della giovane finlandese: ciascuno di noi è Unico, ma anche Onda che viene da indecifrate lontananze, si frange e rifluisce.
Sui rapporti uomo-donna ci sono osservazioni pregnanti: «Le donne accettano volentieri i fatti come risposta. Ma io sono un uomo, e per me il fatto non è una risposta. No, il fatto è la vera domanda, che devo forzare con il grimaldello della ragione per ottenere una risposta; non so vivere in altro modo».
Márai ha anche pagine inattese sulla giovinezza: «Ciò che fa soffrire in modo terribile voi donne, e vi fa correre disperate in chiesa e dal parrucchiere, a implorare Dio e l'estetista, il momento in cui la giovinezza vi abbandona, per noi uomini non è un vero motivo di sofferenza. Forse ci fingiamo addolorati nel prenderne congedo, forse ci facciamo un po' pregare, ma in fondo al cuore non soffriamo. Quando la giovinezza se ne va, sentiamo all'improvviso che al posto dell'irrequieta, selvaggia e forsennata compagna è arrivato Dio nella nostra vita, e fa capolino da dietro la nostra spalla». E ancora: «Quando la giovinezza se ne va la vita di colpo si arricchisce, si riempie di Dio, della morte e dell'amore. Prima era dominata dall'inquietudine e dal mutamento...».
Già da questi cenni si può intuire la complessità e la profondità del romanzo che, in una cornice austera come l'arredamento dell'ufficio ministeriale, mette in scena sentimenti difficili e inconfessati. «Essere eroi», dice ancora Márai, «non è altro che difendere qualcosa in maniera disinteressata: un paese, uno stile di vita, un ricordo o un culto». Il protagonista maschile è a suo modo un eroe: senza sfoggio, mai plateale, semplice "sfumatura" del destino. Anche i gabbiani si muovono in schiere, portati dal vento, guidati da un istinto condiviso verso questa o quella provvisoria dimora: ma ciascuno di essi ha una propria storia, una breve parabola di nascita, di amore, di cibo e di morte. Come Unica Onda, forse come ciascuno di noi.
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