Due post su Lourdes e Santiago contemplano malattia e speranza
mercoledì 26 ottobre 2016

Tra i tanti esercizi divertenti che navigare una porzione della Rete per poi scriverne mi consente, c'è quello del link. Si tratta di tirare arbitrariamente una linea, ovvero di stabilire un collegamento (appunto) tra due pagine web che di per sé sarebbero scollegate tra loro (nel caso di oggi, un blog di un padre gesuita e un quotidiano online normalmente accessibile solo per abbonamento), se non per una parola, o due, che rivelano il loro contenuto comune. E siccome le parole sono molto numerose, per tirare questa linea ci vogliono strumenti che gli algoritmi ancora non hanno, mentre gli umani sì. Ad esempio, un po' di libertà e un pizzico di fantasia.
Le parole rivelatrici di oggi sono “pellegrinaggio e malattia”; le fonti sono un post di Francesco Occhetta e una recensione di Giovanni Marcotullio a un libro di Giuseppe Soro. Le mete dei pellegrinaggi di cui si parla sono Lourdes e Santiago de Compostela: quest'ultima secolare ma ultimamente rinverdita, e l'altra più giovane e tuttora più popolare. La malattia, a Lourdes, è di casa, e infatti padre Occhetta ha avuto occasione di tornarci nel contesto di un convegno congiunto Unitalsi-Aifa. A Santiago se la porta dietro l'autore del libro, ed è una malattia che non scherza, a maggior ragione se vuoi camminare: il morbo di Parkinson.
Ma sta di fatto che a ogni pellegrinaggio, anche al più modesto per tempo, distanza e fatica, corrisponde una malattia, o meglio, una speranza di guarigione. Il dono che questi due post condividono è la rinnovata scoperta di questa corrispondenza, che Occhetta, dopo aver riportato la profonda testimonianza di Mario Melazzini, chiama «l'incontro col dolore che è intrecciato di amore e di speranza», e Marcotullio il «paradigma» rappresentato da chi «affronta il Cammino sulle sue proprie gambe e contro i propri demoni», anche quelli che nessuno ci ha diagnosticato. Compreso il senso di colpa che rode Soro finché non ritrova un compagno di cammino, lasciato indietro «perché più lento».

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