mercoledì 11 settembre 2019
Domenica pomeriggio, in Piemonte, le nuvole nere che si addossavano l'una all'altra non promettevano nulla di buono: poi ad un tratto è arrivata una scarica fitta di grandine, per dieci minuti consecutivi. E dopo un'ora c'era già il sole. La settimana prima la grandine aveva flagellato le vigne di Langa, proprio mentre i grappoli definivano il loro colore, pronti per raggiungere il giorno della vendemmia verso la fine del mese. Si legge che questo è l'effetto dei cambiamenti climatici, ma nei libri di Davide Lajolo ricordo bene la descrizione disperata di quei contadini che in un battibaleno si vedevano togliere tutto. Una ventina d'anni fa intervistai un produttore di vini di Valeggio sul Mincio, Gianni Piccoli, che aveva appena perso tutto il raccolto e con pacatezza mi disse: «Dio dà e toglie, ad ogni cosa c'è un perché». Quest'anno sono tornato a trovarlo, per mangiare in quel tavolo grande dove si raduna tutta la famiglia e con essa gli ospiti. E in un angolo c'era sua moglie, che serviva aiutata dalle nuore e aveva lo sguardo evidente di una donna di fede. Una donna che stava vivendo la gioia di un momento, ma che ha saputo consolare quando la natura ha tolto qualcosa, sapendo che il dono prezioso è comunque la vita. Le donne delle campagne italiane sono degli angeli che la politica, quasi, fa finta di non vedere. Non hanno il "reddito di contadinanza", non staccano dopo le 8 ore, non finiscono mai di operare, anche nel silenzio, dove si forgia la speranza che a loro volta trasmettono a tutti. Il neo-ministro per le Politiche Agricole è una donna, che ha presente quale sia il valore del lavoro nei campi. A quel mondo speriamo si possa rivolgere per rendere solida la struttura delle nostre aziende agricole che vivono ancora sull'impresa famigliare, creando un sistema di presenza sul territorio che significa anche tutela ambientale. Il comparto vitivinicolo dà occupazione a 21.476 addetti e la vendemmia di quest'anno si situa a metà fra quella problematica del 2017 e quella record del 2018. Quest'anno la raccolta prevede 46 milioni di ettolitri mettendo ancora una volta l'Italia sul podio del primo Paese produttore del mondo. Ma rispetto allo scorso anno calano le produzioni in tutte le regioni italiane, ad eccezione della Toscana che segna un incremento del 10%. Tuttavia, al di là dei numeri produttivi, che significano sempre meno, ciò che conta è l'indotto che ha provocato il mondo del vino, con manifestazioni che hanno incrementato l'enoturismo fino a farlo diventare una vera e propria attività, come dimostra in questi giorni la Douja d'Or di Asti, che segna il numero 53. Che fine farà dunque il progetto di filiera fra produzione agricola e turismo, che era presente nel governo giallo-verde, ma che già, dopo un anno, è sparito da quello giallo-rosso?
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI