mercoledì 1 settembre 2004
La brezza dei boschetti di bambù/ penetra fresca nella stanza. Chiari/ raggi di luna nel cortile danzano./ Rade stelle scintillano; le lucciole/ si spostano nel buio, e presso il fiume/ s'alza il richiamo degli uccelli acquatici./ E meditando su una strana cosa:/ che tutto il mondo si affidi alla guerra,/ non alla pace - in dolorosa veglia/ io trascorro la notte. È stata una nostra fine poetessa, Margherita Guidacci (1921-1992), a tradurre nel volume La voce dell'acqua (ed. C.R.T., Pistoia 2002) i versi di uno dei maggiori poeti cinesi antichi, Tu Fu (VIII sec.), accorato interprete dei mali della guerra e dell'anelito di pace dell'umanità. È ciò che affiora nella poesia citata, immersa nella dolcezza morbida di una notte estiva, striata dalle luci delle stelle, dei raggi di luna, delle traiettorie delle lucciole. Il filo poetico diventa anche morale e sempre attuale: perché devastiamo con la guerra questa "aiuola" - come la chiama Dante - che è la terra? In tutti i secoli l'umanità ha profanato con le distruzioni il santuario del mondo, ha versato sangue sulle pietre, è riuscita a usare le energie stesse della natura per ferirla a morte (pensiamo alla bomba atomica). Anche nel nostro piccolo quante volte abbiamo mal custodito terreni e città sporcandoli, siamo stati crudeli con questa nostra sorella che è la natura attraverso le sue creature viventi vegetali e animali. Riscopriamo, allora, e rispettiamo l'armonia della nostra vita con quella, immensa, dell'universo in cui esistiamo e ci muoviamo.
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