domenica 26 gennaio 2020
Democratura è parolaccia sanguigna e genuina, con le erre e le u ben posizionate come ben sanno i cultori del genere fantasy: i nomi dei cattivi si inventano sempre avvitando le erre con le u (e le esse), almeno da Sauron e Saruman in poi. Un ruvido sibilo gutturale. E le rime infauste, da paura a seccatura? Eppure c'è chi non la osteggia ma la desidera e la evoca, sperando che presto sia matura (rima).
L'etimo è chiaro a tutti. È la crasi di democrazia e dittatura, insomma un apparente ossimoro perché tra democrazia e dittatura, ovvero tra libertà e totalitarismo, la contraddizione dovrebbe essere palese: o l'una, o l'altro. È anche una beffa della storia del Novecento che, ci dicono, è stata una sfida estenuante, sanguinosa e sanguinaria, fatta di guerre calde e fredde, tra le democrazie e i totalitarismi. Adesso scopriamo che le prime non hanno del tutto annichilito i secondi ma, in alcuni casi, come spesso accade tra nemici acerrimi, sono giunti a un compromesso di reciproca soddisfazione. O perfino, orrore!, è scoppiato l'idillio.
È una parolaccia, dunque, contro natura (rima). Eppure sulla sua paternità ci si accapiglia. Il partito più rumoroso sostiene che la parola democratura sia invenzione del letterato croato Predrag Matvejevic, che essendo passato a miglior vita non può intervenire nel dibattito e Lassù siamo convinti abbia altro a cui pensare, ma dovrebbe aver utilizzato il termine in riferimento all'Europa orientale post-comunista. In realtà, se le date hanno un senso, l'inventore dovrebbe essere lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano, che non si riferiva al nostro campionato di calcio ma al suo continente: Le vene aperte dell'America Latina esce nel 1971. Alcuni, malaccorti, citano l'economista, sociologo e politologo svizzero Max Liniger Goumaz, senza sapere che proprio lui attribuisce democratura a Galeano. Infine, c'è chi se ne appropria con una certa disinvoltura: l'artista modenese Fabrizio Loschi dichiara che il vocabolo gli affiorò sulle labbra nel 2000 durante un raduno di artisti in una giornata di pioggia a Vienna. Le allegre giornate piovose viennesi possono essere creative quasi quanto le giulive giornate piovose su un lago svizzero nel generare mostri (il Frankenstein di Mary Shelley nasce sul Lago di Ginevra nel 1816, l'anno senza estate), ma Galeano resta il nostro favorito, se non altro per simpatia.
Le definizioni di democratura, chioserebbe Gianni Brera, son millanta che tutta notte canta: democrazia totalitaria (questa dovrebbe appartenere a Giovanni Sartori), autoritarismo competitivo, «convivenza di elementi democratici e autoritari all'interno di un modello che potremmo definire come democrazia ristretta o in altri termini dittatura costituzionale» (Mauro Burato in Visioni latinoamericane, 2010). La parola ha la fortuna di essere gommosa e sufficientemente vaga e imprecisa da poter essere applicata tanto alla Russia di Putin quanto alla Turchia di Erdogan, a Singapore e alla Bielorussia, e ad altri innumerevoli Stati che formalmente si definiscono democrazie ma nella sostanza non lo sono, perché sul governo non c'è alcun controllo, e gli oppositori finiscono in galera o avvelenati, pugnalati, disintegrati.
Sono tutti Paesi con il famoso "uomo solo al comando". Ora, pare che una percentuale considerevole di italiani auspichi proprio questo, l'uomo solo della democratura. L'unico vantaggio di una simile sciagurata prospettiva sarebbe che per immergersi nella giusta atmosfera per scrivere romanzi gotici non occorrerà attendere una piovosa giornata su un lago svizzero. Basterà una giornata qualsiasi all'Idroscalo di Milano.
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