giovedì 16 giugno 2022
Invisibili, parte seconda. Dentro l'orrore può spuntare il sublime e può esserci il cronista che decide di renderlo da invisibile a visibile. Accade ad Andrea Nicastro (“Corriere”, 14/6), inviato sul fronte ucraino. Poche persone sono più invisibili, per propria libera scelta, delle suore di clausura. Le benedettine di Leopoli hanno preso una decisione eccezionale per tempi eccezionali. Titolo: «“Basta clausura”. E le suore di Leopoli aprono ai profughi», rigorosamente madri e ragazze. «Siamo – spiega la superiora, suor Serafina – 30 sorelle dell'ordine Studita della Chiesa orientale greca, cattoliche». Il loro convento, distrutto dai comunisti, gli fu restituito con la fine dell'Urss. Ricorda l'eroismo di madre Viter, che salvò tanti ebrei, finì esiliata in Siberia e fu proclamata giusta delle nazioni ancora in vita. Nicastro chiede: che cosa vi resterà di questa esperienza? Risposta: «La forza delle donne. Ne abbiamo ospitate molte traumatizzate per ciò che avevano visto, per le violenze subite, per l'idea di aver perso il futuro. Ma tutte (...) sono riuscite a darsi coraggio. Le donne sono forti». Invisibile è il carcerato di Trieste con cui Claudio Magris – in un dialogo con Paolo Di Paolo, anticipazione di un libro a quattro mani (“Corriere”, 13/6) – parla a proposito del senso della scrittura. Il carcerato scrive, e tanto, ma per sé e solo per sé. Magris cortesemente obietta: «Scrivere, comunicare, dare una parte di sé agli altri può essere un gesto di generosità, un dono, che apre al dialogo. Ed è soprattutto nel dialogo, nell'uscire da sé stessi e nell'incontrare l'altro, che consiste il senso dell'esistenza». Scrivere... Rinfranca e rincuora la pagina di Massimo Sideri (“Corriere”, 14/6), titolo: «In un mondo post-scrittura c'è un futuro per lo scriba». Alla faccia degli acidi analfabeti che ci chiamano “giornalai”.
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