sabato 19 novembre 2011
C'è una strada che va dagli occhi al cuore senza passare per l'intelletto.

Quale sarà mai questa strada che salta il cervello e congiunge direttamente sensi e cuore? Una via "cieca" per definizione se ignora ogni vaglio o controllo della mente. È la passione che procede con impeto come un vento tempestoso dagli occhi alla vita, dall'emozione all'azione. È interessante cercare di identificare i sinonimi che la nostra lingua possiede per definire tutte le iridescenze della passione: ardore, slancio, trasporto, sentimento, impeto, ma anche frenesia, furore, eccitazione, emozione, esaltazione, voluttà, concupiscenza, fino ai tipici simboli "passionali", ossia il fuoco e la febbre. A proporci questa riflessione su una simile bufera che travolge chi è irretito da un'esperienza così potente, è un noto e brillante scrittore cattolico inglese, Gilbert K. Chesterton (1874-1936), in una sua opera minore, The Defendant.
Il vero nodo del suo aforisma è nella parola «cuore» inteso, però, non come la coscienza e l'anima di una persona, secondo quanto già balenava nella Bibbia o come diranno il filosofo Pascal e lo scrittore Saint-Exupéry riguardo alle «ragioni del cuore» invalicabili alla pura e semplice razionalità. Qui il concetto è più immediato e rimanda appunto al fuoco della passione, la cui strada può persino passare anche solo dalla fantasia senza il coinvolgimento degli occhi. Tra i detti dei Padri del deserto c'è questa osservazione: «All'eremita sono risparmiate tre battaglie: quella degli occhi, quella della lingua e quella delle orecchie. Gliene resta una: quella del cuore». Il vento dell'immaginazione può, infatti, condurre al cuore uno sfarfallio di scene e di figure che vi si insediano e lo conquistano, escludendo ogni impulso della ragione.
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