martedì 29 dicembre 2020
In questi giorni grande risalto al ritrovamento negli scavi di Pompei di un “termopolio”, una vera e propria cucina da ristorante seppellita dai lapilli. Dopo quasi duemila anni, questa e altre meraviglie grazie al lavoro di giovani e bravi archeologi. “Termopolio”? Più vicino arriva un ricordo vissuto. Nel 1960-61 il primo Sinodo della diocesi di Roma, indetto dalla speranza audace di papa Giovanni insieme alla revisione del Codice di Diritto canonico e all'indizione del Concilio, nel documento conclusivo – poi finito praticamente nel nulla – vietava al clero di «adire termopolia», cioè entrare nei bar. Un sorriso... Diversa un'altra curiosità, spontanea in questi giorni trovando su “Famiglia Cristiana” (27/12) quattro pagine di intervista del condirettore, Luciano Regolo, al neocardinale Marcello Semeraro che sull'oggi della Chiesa ricorda i caposaldi della svolta voluta dal Santo Padre – la priorità della evangelizzazione, il dialogo con le realtà locali, una Curia Romana più snella – e afferma che oggi chi attacca il Papa ha «l'intenzione di demolire il Concilio». Franchezza e lucidità. E ancora uomini di Chiesa e vari giornali. Su “Repubblica” (24/12, pp. 1 e 11) Claudio Tito intervista il cardinale Bagnasco, e stesso giorno (“Corsera” pp. 1-32) Aldo Cazzullo lo fa con l'arcivescovo Delpini: «Milano cantiere di speranza. La politica? Troppo litigiosa». Stesso giorno al Tg3 da Bologna il cardinale Zuppi per una Chiesa di popolo e di bene comune. Tre pastori, diversi per stile, cultura, e anche “teologia” eppure fedeli allo stesso Vangelo. E Semeraro ricorda che Paolo VI paragonò la Chiesa all'ulivo: «...anche quando sembra secca e vecchia, reca invece i nuovi germi, i testimoni, i santi di ogni tempo riaccendono la fede e danno nuova linfa alla Chiesa». Duemila anni di vicende. Testimoni di un'unica Chiesa vissuta in libertà, e ciascuno affidabile... Una domanda: cosa c'è di analogo sul laico fronte dello Stato?
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