giovedì 24 maggio 2018
In un'epoca in cui sembra prevalere la tendenza a una comunicazione forzata e gridata, o comunque semplificata o semplicistica, la decisione del Csm di elaborare linee guida per l'organizzazione degli uffici giudiziari ai fini di un'informazione pubblica corretta ed efficace non può passare sotto silenzio. La competente commissione sta in queste settimane esaminandone la bozza, preparata da un gruppo di studio presieduto da Giovanni Canzio e composto da autorevoli magistrati e noti esperti della comunicazione (Gianrico Carofiglio, Fabrizio Feo, Francesco Giorgino, Giovanni Melillo, Giovanni Minoli, Antonio Mura e Stefano Rolando) con la finalità di sottoporre la relativa proposta all'approvazione finale del Consiglio entro metà giugno.
Il lavoro preparatorio sin qui condotto conferma quanto, da qualche anno, viene sottolineato in sede internazionale circa la necessità che i giudici diano «prova di moderazione nei confronti dei media»: così si esprime il § 19 della Raccomandazione 17 novembre 2010 del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, rivolta ai 47 Stati membri, nella quale si incoraggiava altresì «la creazione di posti di portavoce giudiziario o di servizi stampa e comunicazione sotto la responsabilità dei tribunali o sotto il controllo dei Consigli superiori della magistratura o di altre autorità indipendenti».
A conferma altresì della unitarietà della cultura della giurisdizione nel nostro Paese, le linee guida sono rivolte sia agli uffici requirenti, sia a quelli giudicanti, naturalmente tenendo conto delle specificità di ciascuna funzione: ad esempio, è soprattutto con riferimento agli uffici del pm che viene sottolineata la necessità che dichiarazioni ed eventuali interviste vadano rilasciate con equilibrio e misura. Le linee guida non nascono da una volontà di porre limitazioni alla professione giornalistica e tantomeno di restringere lo spazio della libertà di informazione e del diritto alla medesima, ma, al contrario, sono funzionali alla fruizione effettiva di questi ultimi: nel tempo della comunicazione fai-da-te, mettere ordine nelle procedure, nei contenuti e nelle modalità della comunicazione istituzionale degli uffici giudiziari costituisce un servizio agli utenti del sistema giustizia e ai cittadini tutti. Non a caso si parla di comunicazione "istituzionale". Accanto al significato consueto di "fatta in nome e per conto dell'ufficio", l'attributo allude a una misura, a un tono, appunto a una moderazione; un equilibrio che non significa equilibrismo, così come, più in generale, il senso dell'istituzione non va confuso con l'attaccamento ostinato alla propria fazione politica o corporazione professionale.
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