sabato 17 settembre 2011
Un sabato segue l'altro con una velocità sorprendente soprattutto se hai già accumulato molte primavere, come diceva un uomo delle montagne. Infatti fino a che si frequenta la scuola la settimana pare composta di un numero di giorni indefinito e così continua quando abbiamo il primo lavoro, i primi impegni nella società. Poi le ore si accorciano, i giorni diventano troppo brevi per i compiti da portare a termine e quando si incomincia a fare i conti con quello che ci eravamo proposti di concludere e ciò che si è riusciti a fare, allora davvero i sabati si rincorrono senza respiro. Questa velocità che noi stessi abbiamo imposto al tempo nell'usare sempre di più le nuove tecniche che velocizzano le nostre imprese, anche solo personali, ci impedisce di usare l'equilibrio di giudizio che ogni giorno la nostra società ci dovrebbe richiedere. È come leggere le opere di Dante sui riassunti, come sfogliare un volume d'arte solo con il commento sull'autore del fatto artistico senza vederne le immagini. E non sembri fuori luogo esprimere un giudizio simile quando siamo portati dalla esiguità del tempo, che noi stessi ci proponiamo di usare, a sfogliare con interesse disattento le pagine dei quotidiani che ci raccontano le rivolte cruente dei popoli che vivono sulle coste del Mediterraneo. I diritti calpestati, le richieste mai esaudite, le domande di libertà attraversano con il medesimo grido quel mare che viene a riposare sulle sponde del nostro Paese. Anche Israele chiede a gran voce di essere da tutti riconosciuta come Paese indipendente, mentre il popolo palestinese cerca ancora una patria sicura su quel territorio che rivendica come suo da tanto tempo. Ma arriva un altro sabato e noi siamo stanchi di seguire l'iter di questi continui accordi che si sfaldano alla prima difficoltà. Anche questa è una guerra che continua senza trovare né un vincitore, né la possibilità reale di una soluzione concordata. La politica europea non aiuta israeliani e palestinesi a cercare una definitiva pace, poiché pende dalla parte dell'uno o dell'altro a seconda delle convenienze del proprio momento politico. Per noi che siamo solo spettatori, servus inutilis, quale può essere il nostro posto? Non certo l'indifferenza anche se le immagini ci arrivano in parte depurate dai media, in parte senza suggerimenti positivi cui potremmo andare incontro a tanta esposizione di violenza o di paura e incertezza del proprio diritto alla vita. Per compensare queste ingiustizie che compongono il nostro mondo potremmo cercare di accogliere con pazienza, con fede e coraggio l'attuale situazione economica che ci chiede sacrifici che non ci aspettavamo. Potremmo dimostrare maggiore dignità nell'affrontare questo momento e fare nostre le difficoltà di tutti per aiutare chi non sa costruire per sé stessi e per gli altri un futuro migliore.
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