Creatività e concretezza: anche lo sport fa l'Europa
mercoledì 11 maggio 2022
Lunedì 9 maggio, il giorno della festa dell'Europa, abbiamo assistito da un lato allo sforzo mastodontico della propaganda russa, nel giorno della celebrazione della vittoria sul nazismo, con rituali e parole che molto ricordano quel periodo sciagurato che l'Armata Rossa contribuì a sconfiggere e che oggi, con un colpo di coda del Novecento, sembra ricomparire nel cuore orientale dell'Europa. Dall'altro la celebrazione della ricorrenza della dichiarazione rilasciata dall'allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman, il 9 maggio 1950, che proponeva la creazione di una Comunità europea i cui membri avrebbero messo in comune le produzioni di carbone e acciaio. La Ceca (i cui Paesi fondatori furono la Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo) fu la prima di una serie di istituzioni europee sovranazionali che avrebbero condotto a quella che si chiama oggi Unione Europea.
Erano tempi in cui le grandi nazioni europee stavano ancora cercando di risollevarsi dalla Seconda Guerra e Schuman, come ci ha ricordato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, presentando quel progetto di stretta interazione economica disse: «La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un'Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche». E ancora: «L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto». Colpiscono anche me, a settantadue anni di distanza, due passaggi: quello relativo agli «sforzi creativi», insieme a ciò che Schuman definì «realizzazioni concrete» destinate a costruire una «solidarietà di fatto». Arte, scienza e solidarietà, verrebbe da dire. Tre leve potenti per un lavoro che, come diceva David Sassoli, altro visionario europeo, non avrà mai fine, sarà un cantiere perennemente aperto. La nuova guerra aperta in Europa (non la prima, ce ne sono state altre, quella violenta, tragica, terribile proprio al di là del Mare Adriatico, nel Balcani, l'ultima guerra prima di internet e dei social media, e insieme quelle del Caucaso) ci riconduce a un impegno personale: essere costruttori di un sentimento che metta insieme arte, scienza e solidarietà per costruire quell'Europa luogo spirituale, dell'anima: il continente della pace.
In questa rubrica di solito si parla di sport e non ho dubbi che lo sport sia uno strumento che – citando Sassoli – può tenere sempre aperto il cantiere di costruzione. Chissà se, almeno simbolicamente, un giorno potremo vedere scendere su qualche campo da gioco una squadra rappresentante gli Stati Uniti d'Europa. Successe alla Coppa del Mondo di Hockey su ghiaccio del 2016, quando una squadra denominata “Team Europe” e composta da giocatori di sette nazioni europee non qualificatesi per l'evento, arrivò a disputare la finale contro il Canada, squadra di casa. E succede nella Ryder Cup, torneo di golf dalla risonanza planetaria che mette di fronte giocatori statunitensi a giocatori europei. Nel 2023, per la prima volta nella storia quasi centenaria del torneo, la Ryder Cup si disputerà in Italia, a Roma. Che bello sarebbe se anche questo fosse un modo per costruire un altro pezzo d'Europa e tenere ulteriormente aperto quel cantiere.
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