venerdì 11 maggio 2012
Ricordo con nostalgia i tempi in cui c'era un forte tifo multicolore anche intorno agli Azzurri. Ognuno voleva che i giocatori della squadra del cuore approdassero in Nazionale, e non solo quelli delle grandi. Nelle piazze di provincia si festeggiavano i fortunati Carneade di turno invitati al festino della gloria. E gli allenatori ne menavan vanto: per tutti ne ricordo uno, Oronzo Pugliese, impazzito di gioia quando gli convocarono Nocera, il bomber dl Foggia. Da tempo non è più così. Da quando gli stranieri hanno invaso l'Italia e molti di loro vanno sì nelle nazionali, ma in Brasile, Argentina, Uruguay, Germania, Giappone, Africa. Dappertutto nel mondo. Riaperte le frontiere, io scrivevo “stranieri” e Giampiero Boniperti, uno degli importatori (ma con sensi di colpa) mi sgridava: «Calciatori provenienti da federazioni estere», correggeva. E aggiungeva: «E poi Platini è di origini novaresi...». Come lui. In realtà la Juve è sempre stata la più italiana delle squadre perchè per ragioni sociopoliticheconomiche (leggi Fiat) più che stranieri portava a Torino ragazzi del Sud. Così l'Italia di Bearzot ha vinto il Mondiale 1982, con otto juventini (Causio compreso, già Udinese), e anche quello del 2006, con Lippi, consentendo a Moggi, protagonista di Calciopoli, di protestare: «Altro che trucchi, la Juve ha i giocatori migliori del mondo: in Germania ne avevamo dieci». Contava anche i francesi, quorum Zidane che con la capocciata a Materazzi ci fece vincere il quarto titolo. Fra meno d'un mese andremo agli Europei di Polonia e Ucraina e con Prandelli partiranno sette/otto juventini, perchè anche Conte - bontà sua - predilige gli italiani; ma non basta: con Buffon, Barzagli, Bonucci, Chiellini, Marchisio, Pirlo, Quagliarella e Matri potrebbero partire anche altri juventini “separati”. Come Sebastian Giovinco, finalmente non più formica ma gigante nelle mani dell'ex ct Dodadoni. Come Ciro Immobile, 26 gol con la maglia del Pescara, la premiata Scuola Zeman che è pronta a fornire alla patria altri due pedatori di qualità: Marco Verratti, ventenne cervellone dell'Under 21 di Ferrara, e il ventunenne Lorenzo Insigne, altro fenomeno cresciuto dal boemo nella fabbrica del gol pescarese. Con molti ringraziamenti ai campionissimi già in Nazionale o in via d'uscirne, mi piacerebbe tuttavia che Prandelli puntasse davvero sui giovani, imbarcandone anche dalla Serie B (come fece Valcareggi nel '72 con Chinaglia). Giovani e battaglieri, e dunque aggiungo i nomi di Balotelli, Diamanti e Borini, piedi buoni, estro, puntiglio, orgoglio, più ispiratissimi nature-boys che stucchevoli bad-boys. Non vinciamo l'Europeo dal 1968. Con tanti talenti raccolti intorno alla potente Juve di Conte penso che potremmo finalmente farcela. Anche per salvare la faccia. Come nel 2006. Da Calciopoli al Calcioscommesse. Auguri.
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