venerdì 26 maggio 2006
La domanda dell"enogastromo Massobrio, che ha riportato le valutazioni del cardinale Bertone, è: come e cosa occorra giudicare un ristorante da classificabile al top? Ciò non mi coglie impreparato. Un nutrizionista come me si pone da sempre il problema di cosa mangiamo, anche quando si va a consumare il pasto in un ristorante. Ho evinto alcuni punti che sono stati sottolineati anche dal cardinale Bertone nell"inedita veste di critico gastronomico. Concordo, un ristorante di ottimo livello si vede subito dal tipo di accoglienza nel consigliare i piatti del loro locale. Una lista cibaria troppo ricca di piatti ci stuzzica l"appetito ma ci mette anche in crisi perché fra le tentazioni note si inseriscono piatti completamente sconosciuti, che non portano a nutrirsi di ciò che piace ma di ciò che attira. Dice bene il grande chef Gualtiero Marchesi quando afferma che un ottimo menù si basa anche sul fatto che non debba essere molto ricco di sale per non bere molto, tuttavia è difficile classificare ottimamente un piatto se è scipito.  Si tratta di equilibrare la dose e non esagerare nelle varie portate. Un altro aspetto interessante per la salute umana è la presenza di vino che viene somministrato assieme alle varie vivande, ricordiamo che spesso viene introdotto abbondantemente al posto dell"acqua per dissetarsi procurando due tipi di danni: uno alla salute umana, per eccesso di alcol, e un altro alla tasca, per eccesso di prezzo. Ambedue debbono indurre a scegliere buoni vini, ma dissetandosi esclusivamente con l"acqua, magari poco ricca di sodio. Nei grandi ristoranti c"è spesso l"abitudine di servire dopo il secondo piatto, sia di carne sia di pesce, anche i formaggi. Non si tratta di una buona abitudine gastronomica e nutrizionale; bisogna scegliere solamente un tipo di questi alimenti proteici, per non sovraccaricare il rene e il fegato. Ci sarebbero altri parametri ma diventerebbe più un giudizio gastronomico che non dietetico.
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