Coldiretti chiede che il Recovery Plan sia più "verde"
domenica 10 gennaio 2021
Coltivatori diretti sul piede di guerra contro i tagli agli "investimenti verdi" contenuti nell'ultima versione del Recovery Plan. Il senso della rivolta è semplice. Si dice tanto della strategicità dell'ambiente e della produzione alimentare, ma non si perde occasione per tagliare proprio dove, invece, occorrerebbe investire di più e meglio. Tutto con il rischio di vedere tra pochi anni un'Italia più povera proprio di quelle ricchezze che, invece, l'hanno resa famosa in tutto il mondo. Fermento nelle campagne, quindi, che, a quanto sembra, sta già dando qualche risultato.
In una nota Coldiretti spiega: «Con i tagli all'agroalimentare si ferma la decisa svolta verso la rivoluzione verde in atto nel Paese che rappresenta l'obiettivo degli stessi fondi comunitari». Anzi di più. Il presidente, Ettore Prandini, dice: «La nuova versione del Recovery Plan azzoppa le possibilità di rilancio dell'Italia in controtendenza alla destinazione green dei fondi europei». Ma cosa fa arrabbiare i coltivatori? Sostanzialmente la decurtazione dal piano di «risorse per la crescita sostenibile, dalle filiere produttive alle foreste urbane per mitigare l'inquinamento in città, dagli invasi per risparmiare acqua alla chimica verde e alle bioenergie».
I coltivatori chiedono "spiegazioni" al governo che, a quanto sembra, ha però già dato rassicurazioni e segnali di attenzione. In gioco c'è in effetti molto. Adesso l'Italia «può contare su una risorsa da primato ma deve investire per superare le sue fragilità, difendere la sovranità alimentare in un momento di grandi tensioni internazionali». Senza investimenti e progetti, potremmo essere «l'unico dell'Ue a non valorizzare nei progetti il proprio potenziale agricolo ed alimentare». Detto in numeri, si rischierebbe di veder sfumare un patrimonio di 311 Dop/Igp e 415 vini Doc/Docg, 5.155 prodotti tradizionali regionali, il primato nelle produzioni biologiche con oltre 70mila aziende e quello della sicurezza alimentare.
Quindi che fare? Per i coldiretti è necessario «ripartire dai nostri punti di forza con l'agroalimentare che ha dimostrato resilienza di fronte la crisi». Occorre però fare in fretta, anche perché c'è la possibilità di creare un milione di posti di lavoro in dieci anni.
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