martedì 2 marzo 2010
Ieri titolone su "La Stampa" (p. 31): «Chi ha paura di Camillo Benso?» In vista del 150° dell'unità d'Italia Luigi La Spina intervista lo storico Pietro Craveri sullo statista noto anche per quel «libera Chiesa in libero Stato» quasi sempre inteso in senso anticlericale e anticattolico. Giusto, ma serve una nota che distingua propaganda semplificante e realtà più complessa. La frase infatti fu detta sul letto di morte da Cavour a un interlocutore, Fra' Giacomo da Poirino, francescano e suo parroco a Torino, con il quale 5 anni prima aveva stretto un patto preciso, raccontandolo subito di persona così allo stupito conte Ruggero Gabaleone di Salmour, senatore d'Italia: «Oggi ho fatto il miglior affare della mia vita. Ho infatti avuto la parola d'onore del mio curato, padre Giacomo, che quando lo chiamerò al mio letto di morte verrà ad amministrarmi i sacramenti senza esigere nulla che io non possa consentire con onore». Perciò nel 1861, sul letto di morte per la malaria, il pur chiacchierato e per vita privata non certo esemplare Conte di Cavour, allora addirittura colpito di recente dalla «scomunica maggiore», si confessò, ricevette assoluzione, comunione e unzione degli infermi e poi pronunciò quelle sue ultime parole: «Frate, libera Chiesa in libero Stato!» Assoluzione e benedizione allo scomunicato maggiore? Fu subito scandalo" Il giorno dopo, 7 giugno 1861, Fra' Giacomo chiamato a Roma cercò di spiegarsi con Pio IX, non lo convinse, ma non fu scomunicato né sospeso a divinis. Deposto da parroco visse poi tranquillo fino al 1885. «Libera Chiesa in libero Stato»? Così va benissimo"
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