martedì 27 marzo 2012
A scuola non davo quasi mai un compito di lingua uguale per tutti. Mi dicevo: io scrivo solo su argomenti che mi stanno a cuore o che conosco bene. Perché non dev'essere lo stesso con i miei alunni? Perciò concordavo con ciascuno di loro il tema che volevano trattare e incoraggiavo le forme di scrittura nelle quali si sentivano più ferrati. Nello stesso tempo, li invogliavo a tentarne altre, per fare una sorta di scommessa con se stessi. Perciò, chi di solito scriveva cronache di calcio, provava a comporre una corrispondenza epistolare tra due amici temporaneamente lontani. Chi amava parlare di streghe e di maghi, decideva di misurarsi con il racconto di una cronaca metropolitana. Ma quando suggerivo di costruire un diario personale, quasi solo le bambine accoglievano l'invito. «I diari sono cose da femmine», dicevano i maschietti. Io provavo a smentirli offrendo loro il mio esempio. Da ragazzo mi ero addestrato a scrivere proprio tenendo un diario: anche se lo chiamavo brogliaccio o zibaldone, come quello famoso di Giacomo Leopardi. Riflettevo su quello che mi accadeva, su come cambiavo, sui fantasmi che mi ossessionavano, sui libri che leggevo, sui sogni che coltivavo, sui progetti cui cercavo di dare una forma concreta. Alla fine di ogni pagina, era come se avessi fatto un po' di ordine nella confusione che di solito ingombra la testa e il cuore di un ragazzo. Mi sentivo meglio e intanto imparavo a maneggiare con più precisione le parole. Non è vero che oggi quasi più nessuno adopera lo strumento del diario per raccontarsi. Forse nelle camere delle bambine e delle ragazze non abbondano più i vecchi diari con i lucchetti. Ma è solo perché spesso sono stati sostituiti dai diari elettronici. Che altro sono i blog di tante preadolescenti, se non diari pubblici? Certo, non è più il diario segreto nel quale i conti si fanno da soli con se stessi. Forse deriva dal fatto che nessuno insegna ai ragazzi a non aver paura di ritagliarsi dei momenti in cui il silenzio vince sul frastuono e la solitudine non è un'avversaria da combattere, ma un'amica da coccolare. Era più facile per me, quando mi bastava nascondere la faccia nell'erba, chiudere gli occhi e credere con un brivido che c'ero solo io sul cuor della terra.
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