venerdì 1 ottobre 2004
Par da secoli chiusa. Alla sua porta,/ fra le dita il rosario,/ siede il mendico, cieco e solitario./ Chiusa è in eterno./ Gente morta: quanta vi entrò,/ con dietro ardente cera e muto dolore./ Dall"informi umide mura nelle crepe/ un"erba cresce, di un verde nero./ Dietro - del cimitero fra le tombe -/ i fanciulli ignari giocano/ e una capretta pascola.Mi prende sempre un po" di malinconia e di struggimento tutte le volte che ritorno nei paesi brianzoli della mia infanzia e vedo alcune chiesette, ove da piccolo avevo ascoltato o servito la Messa, ridotte a costruzioni abbandonate. Erba e muschio s"aggrappano alle pietre e, se c"è uno spiazzo, possono talora venir fuori gruppetti vocianti di piccoli calciatori che magari usano la porta della cappella come sostituto dei pali del loro ideale campo di calcio. E" Umberto Saba, il famoso poeta triestino (1883-1957), a evocare una scena simile nei suoi versi così nitidi e intensi. Non li ho citati per una riflessione spirituale o per una sollecitazione della nostalgia e del ricordo. Questa volta vorrei stimolare un"azione pratica, un impegno personale o corale: cerchiamo di salvare dal degrado o dall"oblio una di queste cappelline o almeno un"edicola sacra posta su una strada. Sono segni non solo di fede ma anche di vita, di morte, di dolore, di speranza conficcati nel cuore della nostra moderna distrazione o superficialità. Potrebbero ancora avere una parola da dire, potrebbero essere ancora uno spazio di pace, un asilo quieto per l"anima.
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