mercoledì 11 luglio 2018
Longobardi di Calabria è un Comune di 2.338 abitanti affacciato sul Tirreno, in provincia di Cosenza. C'è la marina e la parte alta, raccolta su un promontorio dove Francesco Saliceti, con sua moglie Giovanna, nella Degusteria Magnatum, cucina l'antica frittata di patate detta "do o scuru". È un piatto De.Co. (denominazione comunale) che da venerdì scorso è in compagnia del macco dedicato a San Nicola Saggio, originario proprio di Longobardi. Nel teatrino del paese, quella mattina, c'era il tutto esaurito: produttori, cuochi, giornalisti venuti da ogni parte della Calabria. Francesco Saliceti, con l'amministrazione comunale, è riuscito a rappresentare un sistema, per dimostrare che quando una persona dice "io" può smuovere un mondo. Giacinto Callipo, quinta generazione di imprenditori nella lavorazione del tonno stava accanto a Francesco Giorgino, volto noto della tivù, mentre otto cuochi, da Catanzaro a Pizzo Calabro, erano lì per adottare il piatto di san Nicola nel loro menu. Giancarlo Surianoli, invece, è arrivato da Amantea per presentare la melanzana violetta intera in barattolo, altro prodotto De.Co. del Comune di Longobardi, che ha poi conferito la cittadinanza onoraria a personalità che hanno dato lustro al paese. Racconto tutto questo per dire che la spinta identitaria di un paese non è qualcosa di chiuso ed autoreferenziale, ma può essere l'inizio di una nuova economia, che ha nelle relazioni il suo punto di sviluppo. In questo piccolo Comune attiveranno presto l'antico forno turnario che diventerà un luogo di raccolta di quelle memorie che rischiano di andare perse. Ora, non c'è solo la disfatta dei Comuni che si devono arrangiare con l'ordinaria amministrazione, esiste anche la custodia di ciò che è stata una comunità e di quello che ancora potrà essere. Ma chi scommette ancora sui Comuni, considerati più una scocciatura amministrativa anziché una risorsa? L'iniziativa di Longobardi mi ha fatto pensare a un laboratorio necessario per l'Italia, che merita d'esser fatto conoscere. Ma meriterebbe anche d'essere riconosciuto, perché lo sviluppo economico inizia sempre da una chiara identità. È qualcosa che c'entra con gli affetti, che va oltre le immediate ragioni economiche. Se ogni Comune italiano si domandasse di quale storia è portatore, se anziché pensare di offrire spazi dismessi per un improbabile ristorante, provasse a lavorare sulla regia, anziché sull'imprenditoria, forse riuscirebbe a far esprimere risorse che altrimenti resterebbero silenti. Ma ci vorrebbe anche una regia a livelli più alti, che smettesse di fare dei proclami di cui poi non si sa più nulla (ricordate l'anno del cibo italiano? Sarebbe quello in corso) e iniziasse a premiare e a riconoscere casi come quello di Longobardi.
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