sabato 5 giugno 2021
Usciamo lentamente dalla stagione della pandemia gravati di squilibri. Chi cresce e chi cala, chi manca e chi è sovrabbondante. Anche in quelle che potrebbero apparire inezie, sennonché cambiano le esistenze di molti e quindi inezie non sono. Bisogna frugare nel ventre dei giornali, lontani delle luci delle copertine e dei primi piani. Costanza Cavalli ("Libero", 1/6) racconta di aumenti quotidiani di consumi di cui, diciamo così, avremmo anche fatto a meno. Titolo: «Chiusi in casa si fuma di più. Oltre un milione di neo tabagisti». Non sono solo coloro che in azienda soffrivano per il divieto e con lo smart working possono dare sfogo alla passionaccia per le bionde. I fumatori aumentano da 10 a 11,5 milioni. Chiusi bar e ristoranti, aumenta pure il consumo di alcolici, più 250 per cento; tra gli alimentari, impennata di pizza, fritti e dolci; e del 12 per cento, stando ai dati Aifa, è aumentato il consumo di ansiolitici.
Dopo gli aumenti, un calo, ma tutt'altro che positivo. Camerieri e personale degli hotel sembrano spariti. Giovani fannulloni, italiani sussidiati e pigri, sbraita qualcuno. Sul "Fatto" (3/6) Virginia Della Sala racconta un'altra storia, intervistando Gianluigi Alessio, direttore amministrativo dell'Istituto Alberghiero "Amerigo Vespucci" di Roma. Una «scuola all'avanguardia, formiamo professionisti sia per la sala che per la cucina. Gli imprenditori cercano i nostri studenti». Ma? Un suo ex studente è in partenza per Miami. In Italia «avrebbe dovuto lavorare otto-dieci ore al giorno per poco meno di 400 euro». Invece «in America gli offrono 2.500 dollari di paga iniziale, vitto e alloggio, prospettiva di contratti professionistici e un corso di inglese accelerato. Perché mai dovrebbe restare?». La conclusione è un atto d'accusa: «L'imprenditore crede di fare un favore al lavoratore, di dover ricevere gratitudine perenne e a qualsiasi costo per le paghe da fame che elargisce. Sono padroni dispotici, non manager lungimiranti». E «le persone scappano, stanche di essere sfruttate».
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