martedì 8 novembre 2016
Su “La Verità” (29/10, p. 13) Giuliano Guzzo: «La religione cristiana non odia le donne. Leggere per credere San Paolo e i Vangeli». Buona serie di argomenti in replica alla solita musica che vede ebraismo e cristianesimo tra le principali cause della «ginofobia» nei secoli. È già molto trovare un falso luogo comune direttamente smentito in pagina laica. Non così ieri, con sorpresa perché di solito informato e corretto, sul “Tempo” (p. 1 e interno: «Da Sodoma a Norcia») Marcello Veneziani difende l'autore dell'infelice trovata del terremoto «castigo di Dio» contro paesi e popoli peccatori, smentita subito anche da autorevolissime prese di distanza fondate sul Vangelo. È libertà, ovviamente, ma Veneziani scrive che «fin dalle origini la religione prevede il nesso tra il male e la colpa, nesso biblico, teologico e pastorale» e poi richiama il «Dio terribile, vendicativo» proprio del «pieno monoteismo ebraico, esteso poi a cristianesimo e islamismo» chiedendo sferzante, «Non vi dice niente la storia millenaria di pestilenze, e guerre attribuite agli sfavori divini?», e aggiungendo poi che «il vero problema teologico che resta irrisolto è il male, il dolore. Se c'è un Dio buono e misericordioso perché le sofferenze (…) perché la morte di un bambino?». Secoli di domande – già Agostino: «Unde malum?» – ma anche di risposta: il Dio biblico (Genesi 22) è davvero nuovo, non si rivela chiedendo il sacrificio dei figli, come tutte le divinità delle religioni inventate dagli uomini, ma offrendo Lui l'unico Figlio per la salvezza dell'uomo. La teologia risponde con l'incontro tra creazione divina e libertà umana, la fede con la Croce di Gesù, vero Dio e «Uomo dei dolori» che apre la via al duplice superamento: del male, nell'amore che riconosce Dio nel prossimo e poi della morte, nell'offerta di resurrezione e vita eterna.
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