martedì 22 giugno 2010
Pur a malincuore, ancora su Saramago. Dei morti solo bene? Dicono che anch'io l'ho trattato male, ma il troppo è sempre male. Lo scrittore più engagé e controcorrente lo esalta su "Repubblica" (19/6, p. 1): «Il mio maestro Josè». Controcorrente? No: voce nel coro gigante. E in vita la sua pretesa di essere unico? Sulla "Stampa" (19/6, p. 31: «Il bronzo e le radici») si autocelebra per una statua in bronzo! Il vezzo poi, e non credo solo nei testi tradotti, delle maiuscole a casaccio, anche dopo virgole e due punti! Capisco l'entusiasmo dei devoti seguaci, ma chiamarlo con Collo «La luce della libertà» ("Il Fatto", 19/6, p. 15) ed esaltarlo con Flores d'Arcais (ivi) come «L'uomo che chiamava le ingiustizie per nome», vuol dire ignorare, volendolo, i suoi perpetui silenzi nei confronti dei regimi dell'ammiratissimo ateismo comunista. Una perla: sulla prima del "Manifesto" " «Il profeta disarmato» " per esempio, un eccesso autocompiaciuto di sicurezza con citazione iniziale di «Marx ed Engels» che esalta nel «comunismo» uno «stato dello spirito» cui «la realtà ogni giorno si incarica di dare ragione»! Stupefacente, e appoggiato subito sopra ad una strana citazione di un «"non possumus" biblico», che nella Bibbia non esiste! Fantasie? Sì. Scriveva con una prosa anche affascinante per ritmo e lucidità di immagini, ma spesso le sue cose, puer quelle vergate benissimo, erano davvero "cattive" per pregiudizio, ed effetto di vera e voluta «Cecità», proprio come il titolo del suo penultimo romanzo. Ciascuno ha i suoi maestri. Per fortuna è permesso essere discepoli, e devoti, di altri" Ora riposi in pace, nella luce della verità"
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