giovedì 5 gennaio 2023
Che sarà di noi nel 2023? Non abbiamo sfere di cristallo, maghi e aruspici sono fuori forma da quel dì, però è molto interessante scoprire che cosa pensiamo noi, del nostro futuro. Perché il nostro atteggiamento contribuisce a determinarlo. E qui ci soccorrono Nando Pagnoncelli con il suo Ipsos e il sondaggio realizzato due settimane fa per il “Corriere”, riassunto in due pagine fitte di tabelle martedì scorso (3/1). Che siamo attanagliati da preoccupazioni varie è ovvio, ma quali in particolare? Il problema maggiore resta il binomio lavoro-economia (i numeri che seguono indicano la percentuale): oggi siamo a quota 84. È da tempo immemore la preoccupazione principale, ma cinque anni fa era a 80 e un anno fa era scesa a 75. Welfare-assistenza, in un solo anno, passa da 24 a 55: ci sentiamo meno protetti e più insicuri, ma non dal punto di vista del crimine, problema a quota 13 (era a 24 nel 2017). E gli immigrati? Gli “invasori”, facile merce elettorale, dal 2018 a oggi sono una paura scesa drasticamente da 37 a 18: che sia perché certa politica ne parla di meno? L’ambiente passa da 6 a 22, probabilmente perché se ne parla sempre di più. E la guerra in Ucraina? Nel marzo scorso i molto e abbastanza preoccupati erano 86, oggi sono 75: leggero calo, forse da assuefazione, ma paura forte e persistente. Sintesi di Pagnoncelli: «Il 2022 ha fatto registrare un netto peggioramento del clima sociale, soprattutto se confrontato con il 2021», anno in cui i motivi di ottimismo prevalevano su quelli di pessimismo (fine pandemia, tenuta economica, successi sportivi...). Oggi, sottolinea Pagnoncelli, il «sentiment degli italiani» è condizionato da «ritorno dell’inflazione e conflitto in Ucraina». Sono dati utili per tutti, per amministratori pubblici, imprenditori, educatori e perfino operatori pastorali che per le loro proposte abbiano l’intelligenza di partire da come gli italiani sono, non come dovrebbero essere. Pagnoncelli ricorda anche il Rapporto Censis e la «diffusa malinconia che pervade gli italiani. La malinconia non è rabbia, rancore o recriminazione, è un senso di tristezza e di rassegnazione». A proposito, Giuseppe De Rita è stato intervistato da Massimo Franco (“Corriere”, 31/12). Titolo: «L’Italia, un’eterna bambina. Ma ha le virtù per crescere ancora». Fidiamoci. © riproduzione riservata
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