sabato 28 marzo 2015
Il cuore di mamma, stavolta, non poteva bastare. Quando Rosa è arrivata all'Umberto I di Roma le sue condizioni erano gravissime e le possibilità che potesse portare a termine la sua gravidanza ridotte al lumicino: broncopolmonite, spasmi, un'infezione riconducibile addirittura al temibile virus H1N1. Impossibile salvarla insieme alla sua bimba, di appena 27 settimane. A meno che non lo si tenti, l'impossibile.La decisione viene presa con tanto coraggio e forse un briciolo di incoscienza: al posto di Rosa, per un po', devono mettersi i medici. E la scienza. Funziona così, la circolazione extracorporea (o extracardiaca): il sangue di una paziente viene indirizzato all'esterno dell'organismo, affidato alle macchine che lo ossigenano e lo ripuliscono, infine reimmesso in circolo, escludendo temporaneamente il cuore dal percorso. La tecnica è sempre più diffusa, anche nei nostri ospedali, ma utilizzarla su una donna incinta e con l'obiettivo di portarla al parto sembra fantascienza. Solo altre due volte è stato fatto con successo, nel mondo: in Australia e in Corea del Sud. Ma non c'è tempo per le statistiche: Rosa viene sedata e attaccata alla macchina della circolazione extracorporea così che i suoi polmoni e il cuore possano riposare. Allo stesso tempo viene portata avanti la sua gravidanza: la piccola viene monitorata costantemente, vegliata giorno e notte. Infine, superata la 30esima settimana, un parto cesareo “lampo” ed ecco Ludovica pronta a salutare la vita con un vagito da leone, nonostante il suo chilo e trecento grammi di peso. Oggi, a un mese e mezzo da quel giorno, è già quasi a 3.Il cuore della sua mamma, guarita, batte tutto per lei.
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