mercoledì 22 gennaio 2020
Nel 1880 il celebre alpinista inglese Albert F. Mummery con la guida Burgener tentò invano la prima ascensione del Dente del Gigante. Ai piedi di quella che oggi si chiama placca Burgener lasciò un biglietto con la scritta «absolutely inaccessible by fair means», ovvero «assolutamente inaccessibile con mezzi leciti». Quali sono i “fair means”? Sono corda, piccozza, ramponi e nient'altro. Niente mezzi artificiali, come chiodi, moschettoni, staffe e, ancor meno, imbragature, discensori, spit, friends, nut e altre diavolerie tecnologiche oggi di uso corrente. Tutto questo è spiegato da Lorenzo Revojera nel suo nuovo libro Alpinismo dietro le quinte, edito dal Club Alpino Italiano (pagine 148, con inserto fotografico di 16 pagine, euro 17). Revojera, ingegnere che per trent'anni ha diretto iniziative internazionali per la formazione culturale dei giovani, ha scelto di presentare in questo libro otto significativi alpinisti fedeli ai fair means di Mummery. Il più significativo degli otto è addirittura Achille Ratti che nel 1922, a 65 anni, è diventato Pio XI. Il “Papa alpinista” non è un'etichetta giornalistica; Revojera ricorda tre ascensioni importanti del futuro Papa: nel 1889, sul versante Est del Monte Rosa; nello stesso anno, sulla vetta del Cervino, e l'anno successivo sul Monte Bianco. Pare anche che all'inizio del 1899, quando il Duca degli Abruzzi stava preparando la spedizione nei mari artici, anche don Ratti avesse radunato la documentazione per parteciparvi. La formazione alpinistica del Pontefice lo segnò profondamente, come si rivela in una lettera del 1923 al vescovo di Annecy: «Mentre, col duro affaticarsi e sforzarsi per ascendere dove l'aria è più sottile e più pura, si rinnovano e si rinvigoriscono le forze, avviene pure che e coll'affrontare difficoltà d'ogni specie si divenga più forti pei doveri anche più ardui della vita, e col contemplare la immensità e bellezza degli spettacoli, che dalle sublimi vette delle Alpi ci si aprono sotto lo sguardo, l'anima si elevi facilmente a Dio, autore e signore della natura». Per evidenti motivi ho privilegiato il profilo di Pio XI alpinista, ma anche tutti gli altri ritratti sono interessanti. Fra l'altro emerge il superamento delle barriere sociali che avveniva nella collaborazione fra aristocratici e guide alpinistiche, solitamente rudi montanari con scarsa istruzione. La collaborazione fra guida e cliente, infatti, messa a tema nel profilo di Antonio Baroni. Dal diario 1908-1910 di Romano Balabio s'intuisce il legame tra alpinismo e mentalità universitaria (Revojera ha militato anche nel SUCAI, che organizza attività per i Soci universitari del CAI); la tragedia avvenuta nel 1934 sul Cervino, all'epoca fu silenziata perché il regime fascista imponeva di parlare solo di vittorie, ma nel CAI ci fu chi volle vederci chiaro. Il libro di Revojera è un libro di storia, non di storia romanzata. È un rendere giustizia a personaggi che “dietro le quinte” hanno fatto la storia dell'alpinismo, e l'alpinismo ha una sua parte nella storia della civiltà e del costume.
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