mercoledì 29 dicembre 2021
Franco Ziliani, il papà della Franciacorta ci ha lasciati il giorno di Natale, a 90 anni. E subito ho pensato che dev'essere destino dei fondatori di grandi vini, segnare la dipartita il giorno di Natale. Lo fu per Giacomo Bologna, il 25 dicembre del 1990, quando ormai da 8 anni la Barbera era diventata un vino importante agli occhi del mondo. Ed è stato così per questo uomo gentile e curioso di tutto, che nel 1955, su invito del conte Guido Berlucchi, inventò quella bollicina simile agli champagne che avrebbe disegnato l'identità di un territorio fra l'Oglio, il lago d'Iseo e le Alpi Retiche, diventando vino doc nel 1967 e Docg nel 1995. Franco Ziliani nacque il 21 giugno del 1931 e i suoi successi sembrano una cavalcata di trent'anni in trent'anni. È infatti il 1961 l'anno in cui escono le prime 3.300 bottiglie di Pinot di Franciacorta vendute sei volte di più del vino fermo che il conte Guido commercializzava col nome di Bianco del Castello. Fu un successo che man mano coinvolse altri imprenditori, come Vittorio Moretti di Bellavista, che pochi giorni fa ha acquistato intere pagine sui giornali per ringraziare il suo enologo, e come Mattia Vezzola, che dopo 40 anni si è ritirato per seguire una sua avventura enoica con i propri figli. Maurizio Zanella creava intanto il fenomeno di Cà del Bosco a Erbusco e tutti insieme, passo dopo passo, hanno compreso quale responsabilità fosse custodire un bene collettivo, il territorio, divenuto oggetto di un disciplinare di produzione che ne delinea aree, altezze di produzione e altre regole per essere sempre più credibili sul mercato. Ora, pensate se Franco Ziliani fosse stato geloso della sua intuizione e avesse dedicato la vita alle carte bollate? Lo dico perché caso vuole che, facendo una ricerca su WhatsApp mi sia apparso un messaggio caustico di un produttore di moscato invecchiato che si lamentava per la citazione fatta dal sottoscritto di un altro produttore che usava lo stesso metodo. Alla fine, di Moscato invecchiato quasi non si parla, e nelle terre di Pavese hanno forse perso un'occasione per lavorare insieme. Molto meglio – ecco il mio “appello” di fine 2021, assumendo la lezione di Franco Ziliani – creare una massa critica di bravi produttori e cercare di superarsi a vicenda, come continuano a fare i figli Cristina, Arturo e Paolo che hanno dovuto accettare anche la sfida di ricomprarsi la cantina. Cosa ci ha dunque insegnato Franco Ziliani, se non che è molto meglio vivere col sorriso dei giusti anziché col risentimento verso il prossimo, che – non dimentichiamolo – resta sembra una risorsa per ciascuno di noi.
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