martedì 6 settembre 2011
Ieri tante le pagine di ricordo di Mino Martinazzoli, con (quasi) unanime stima dell'uomo e del politico. Su "Repubblica" (p. 17) Ceccarelli parla della sua «innocenza», in senso politico, e Bazoli ricordando la sua «figura nobile» dice che «continuò le idee di Aldo Moro». Bel ricordo anche su "L'Unità" (p. 17) a firma di Castagnetti, e lì sotto l'elogio del presidente Napolitano e di Romano Prodi, per il quale «Il Pd gli deve molto». Leggo anche ("Corsera", p. 13) Cazzullo sui rapporti del galantuomo Mino con cattolici pur diversi tra loro, Cossiga e Moro, ma anche Tonino Tatò e Franco Rodano, «collaboratori di Berlinguer». E lì accanto Paolo Franchi, per anni vicino per mestiere al mondo di Dc e Pci, ricorda un giudizio del mite Mino sui «postcomunisti e sul Pd»: «Hanno buttato il bambino e si sono tenuti l'acqua sporca». Torno a "L'Unità", e nei due giudizi, di Prodi e di Castagnetti, vedo un'occasione preziosa per la riflessione dell'attuale Pd. Che cosa poteva indicare quella distinzione martinazzoliana tra "bambino" e "acqua sporca"? Bella domanda, forse cruciale per oggi. Infatti anche ieri sui giornali, "Unità" compresa (p. 15) parole precise, forti e autorevoli da voci "cattoliche" ben presenti nella vita del Paese… Dunque: e se per caso nel "bambino" buttato via dagli eredi del "Pci dell'austerità" di Berlinguer, con tante cose che allora arricchivano quel suo "popolo" di sinistra, ci fosse stata anche la ricerca di un rapporto nuovo con la realtà del cattolicesimo italiano? Non sarà che da partito finalmente "laico" – «né ateista, né teista, né antiteista», come progettava Berlinguer – il Pci-Pds-Ds-Pd, si è fatto "laicista"? È ancora possibile, per fare qualcosa di nuovo, recuperare "il bambino"? Forse.
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