sabato 16 ottobre 2010
I retroscena di un patto è il titolo di un articolo pubblicato sull'«Alto Adige» i primi di settembre a firma di Paolo Magagnotti, risultato di una sua ricerca sull'Accordo De Gasperi-Gruber. Ciò che aveva anni prima sorpreso l'autore sfogliando gli archivi di Vienna e di Roma nella ricerca di documenti ufficiali dell'Accordo di Parigi fu il trovarsi di fronte ad «un semplice testo dattiloscritto con brevi correzioni a mano». Lo stesso avvenne ricercando una foto ufficiale che testimoniasse quell'incontro. Ma anche di questo non si è trovato mai nulla. Allora bisogna ritornare a considerare sia i tempi nei quali tutto questo è avvenuto, ma anche la necessità urgente di avere, dopo la conferenza di Parigi, qualcosa di positivo su cui riprendere una nuova politica di frontiera con i Paesi vicini. Eliminare il più possibile elementi di contrasto e cercare, naturalmente con il consenso degli Alleati vincitori, di incominciare un cammino comune verso la pace. L'Accordo allora venne giudicato da tutti i Paesi positivo e ritenuto elemento da copiare per altre situazioni simili. Oggi, lontano nel tempo, si dimentica l'atmosfera del dopoguerra e si giudicano i protagonisti del Patto con i nostri ritmi. Al di fuori del Trentino-Alto Adige tutto questo resta un fatto della nostra storia e non dà emozioni, ma in quella regione che ha superato guerre e dominazioni alterne, che ha combattuto sempre, assieme o in contrasto, per la propria autonomia, è ancora qualcosa di cui si parla, si giudica, si cerca di migliorare per le esigenze nuove. Negli anni Cinquanta questo era il meglio che si potesse fare e De Gasperi, che conosceva bene il problema avendo sotto il dominio dell'Austria passato la sua giovinezza, sperando di ottenere anche per il Trentino un po' di quell'autonomia che non si riuscì mai ad avere, poteva ben comprendere le esigenze di un popolo simile, ma diverso, che aveva il diritto di conservare la propria lingua e il rispetto delle tradizioni della propria storia. Il suo fu un atto di buona fede, una speranza di ricostruire una pace sconvolta da anni di incomprensioni e di atti di guerra, una ricerca di conciliazione e infine un'opportunità tra il popolo trentino e quello dell'Alto Adige di costruire un ponte tra l'Italia e i Paesi del centro Europa. L'idea di una unità di popoli europei era ancora un sogno di pochi, una speranza di eliminare le guerre per sempre, una volontà di costruire assieme, senza rinunciare alle peculiarità di ognuno, una patria di uomini liberi. De Gasperi, Schuman, Adenauer, i portabandiera di questo progetto rivoluzionario, pensarono che tutte le altre questioni di misura minore avrebbero trovato uno sbocco sicuro in una nuova patria più moderna, più sicura. Una patria delle culture che avevano fonti comuni, una fede giudaico cristiana alla base delle loro storie, una certezza che solo assieme e in pace sarebbe stato positivo il proprio avvenire. Ora più che mai di fronte ai Paesi d'Oriente che pur ansimando si propongono per un grande posto nell'economia del mondo, l'Europa deve dimenticare i piccoli contrasti, se ce ne fossero, per avere un unico grande respiro.
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