venerdì 17 settembre 2010
XXV Domenica del Tempo Ordinario - Anno C

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: "Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare". L'amministratore disse tra sé: "Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione?" [...]. Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: "Tu quanto devi al mio padrone?". Quello rispose: "Cento barili d'olio". Gli disse: "Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta". [...] Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.

Il padrone lodò l'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza: il padrone loda chi l'ha derubato. Questa conclusione sorprendente è il nodo cruciale del racconto che ha il suo punto di svolta in una domanda: e adesso che cosa farò?
La soluzione adottata è quella di continuare la truffa, anzi di allargarla, eppure accade qualcosa che cambia il senso del denaro, ne rovescia il significato. L'amministratore trasforma la ricchezza in strumento di amicizia; regala pane, olio - vita - ai debitori; fa di ciò che ha un sacramento di comunione. La ricchezza di solito chiude le case, tira su muri, installa allarmi; ora invece il dono le apre: mi accoglieranno in casa loro.
Gesù commenta la parabola con una parola bellissima: «Fatevi degli amici con la ricchezza», la più umana delle soluzioni, la più consolante, donando ciò che potete e più di ciò che potete, ciò che è giusto e perfino ciò che non lo è! Non c'è comandamento più gioioso e più nostro. E contiene la saggezza del vivere: chi vince davvero nel gioco della vita? Chi ha più amici, non chi ha più soldi.
Notiamo le parole precise di Gesù: fatevi degli amici perché essi vi accolgano nella casa del cielo. Essi, non Dio. E non solo qua, ma nella vita eterna, hanno loro le chiavi del paradiso. Ma nelle braccia di chi hai aiutato ci sono le braccia di Dio.
Perché il disonesto, e lo sono anch'io che ho sprecato tanti doni di Dio, sarà accolto nel Regno? Perché lo sguardo di Dio non cerca in me il male che ho commesso, ma il bene che ho seminato nei solchi del mondo. Non guarderà a te, ma attorno a te: ai tuoi poveri, ai tuoi debitori, ai tuoi amici. Sei stato disonesto? Ora copri il male di bene. Hai causato lacrime? Ora rendi felice qualcuno. Hai rubato? Ora comincia a dare. La migliore strategia che Dio propone: coprire il male di bene.
E adesso che cosa farò? Senza volerlo l'amministratore fa qualcosa di profetico, opera verso i debitori allo stesso modo con cui Dio continuamente opera verso l'uomo: dona e perdona, rimette a noi i nostri debiti. Che fare? In tutte le nostre scelte il principio guida è sempre lo stesso: fare ciò che Dio fa, cuore di tutta l'etica cristiana. Siate misericordiosi come il Padre... amatevi come io vi ho amato...
Mi piace questo Signore al quale la felicità dei figli importa più ancora della loro fedeltà, che pone le persone prima dei suoi interessi, prima del suo grano e del suo olio, che accoglierà me, fedele solo nel poco e solo di tanto in tanto, proprio con le braccia degli amici, di coloro con cui avrò creato comunione.
(Letture: Amos 8,4-7; Salmo 112; 1 Timoteo 2,1-8; Luca 16,1-13)
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