domenica 30 ottobre 2011
«La Chiesa, anche quella militante, che si dà da fare contro l'aborto operosamente e
minuziosamente [...] è il vero inciampo, il vero sacrosanto scandalo sulla via dell'estirpazione dell'omicidio seriale della nostra comune cultura di morte». E poi: «Una crociata culturale nel mondo per la difesa della vita umana non si può fare né con la chiesa né contro la chiesa». Con queste dichiarazioni programmatiche Giuliano Ferrara ha ripreso su Il Foglio (sabato 22 e martedì 25) la sua campagna contro l'aborto, per altri aspetti lodevole. Ecco l'«inciampo»: la Chiesa «stenta ad assumerlo (l'aborto) come programma laico di intervento nello spazio pubblico: Onu, governi, sistema sanitario, coscienza culturale diffusa, pulpito comizio». Ed ecco un "laico" che invoca l'ingerenza della Chiesa nel campo di Cesare, ma dimentica tutto ciò che essa ha fatto davanti, ma senza invaderlo, a quello «spazio». Sono decine di anni che soprattutto i Papi e poi i Vescovi, le associazioni e la stampa cattolici sono impegnati per la vita sui piani di cultura e carità. Il Movimento per la Vita – fatto di cattolici, ma non confessionale – da oltre trent'anni e tramite i suoi oltre trecento Centri di Aiuto alla Vita e le molte altre sue opere (Progetto Gemma, Telefono SOS Vita, Case di accoglienza, Concorsi europei per studenti, rivista Sì alla vita, libri, convegni di studio, progetti di legge di iniziativa popolare, petizioni al Parlamento, relazioni internazionali) fa cultura. I risultati ci sono (130 mila bambini salvati insieme con le loro madri) e non soltanto nel campo dell'aborto. C'è da domandarsi quali siano i risultati sul piano politico dei tentativi "laici" di questi ultimi anni. Ferrara se ne è accorto e scriveva: «Quando laicizzammo e politicizzammo fino alle estreme conseguenze la questione della manipolazione della vita umana, ce ne accorgemmo». Ciò non ostante, egli fa bene a parlarne. Dovrebbe però fare attenzione al come. Martedì, sul Foglio, un ex del Movimento ha esultato per averlo sentito affermare, nel suo programma su Rai1 ("Radio Londra"), che in Italia si continua ad «ammazzare» bambini innocenti. Gli era piaciuto il verbo così esplicito, ma anche così brutalmente "laico". Quel verbo, in sé esatto, non ha mai salvato un solo bambino e, forse, ha suscitato reazioni d'orgoglio radical-femminista. L'aborto è anche problema culturale e politico, ma essenzialmente questione di amore. Quelle 130mila mamme hanno rinunciato all'aborto perché si erano sentite finalmente non più imputate di omicidio, ma accolte, comprese, sostenute, soprattutto amate. Dunque ben vengano le leggi, ma non penali. Piuttosto come il primo articolo della Legge 40 sulla procreazione artificiale o come quella proposta dal MpV per riconoscere, nell'art. 1 del Codice Civile, che il concepito è già un "soggetto giuridico", cioè una persona, un figlio, un bambino.

IL FATTO, IL FANGO & LA BUFALA
Come definireste una persona che si china a raccogliere il fango sparso da altri per servirsene anche lui? Martedì 25 il Corriere della sera ha pubblicato un'ampia e bella intervista a Dino Boffo sul contributo dei cattolici alla vita politica del Paese. Qualche cosa è scattata (rivalsa ideologica o che altro?) nella mente di Marco Travaglio, vicedirettore di Il Fatto Quotidiano e campione di uno stile (non il più nobile) di giornalismo, che il giorno successivo ha raccolto ciò che Vittorio Feltri aveva largamente sparso, a suo tempo su Il Giornale, per rilanciarlo, senza neppure un motivo un po' plausibile, contro Boffo. Risultato scontato: si è sporcato le mani e ha rischiato di trasformare il suo giornale da Il Fattoin "la fatta". I fatti, però, sono tenaci e proprio Il Fatto, dedicando ieri due paginate alle citazioni "doc" di un noto e indagatissimo lobbista (il «mondo di Bisignani in pillole», annota l'articolista), mette nero su bianco questa confidenza di un caparbio cronista del Giornale: «A proposito della vicenda Boffo mi disse che, se avesse avuto il tempo di verificare la notizia, si sarebbe accorto che era tutta una bufala [...] si rammaricò che il giornale non gli diede il tempo di effettuare le opportune verifiche». Anche in questo caso lo stile è sostanza.
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