martedì 3 gennaio 2006
Anno: Periodo fatto di trecentosessantacinque delusioni. Nato nell'Ohio nel 1842, giornalista, scrittore e vagabondo, Ambrose Bierce scompare, forse nel 1914, sui campi di battaglia della guerra civile messicana, lasciandoci quel Dizionario del diavolo che abbiamo già in passato sfogliato per i nostri lettori e che riproponiamo per questa nuova tappa dei nostri incontri quotidiani, all'alba del nuovo anno (nella versione proposta dall'ed. Baldini Castoldi Dalai). In realtà, si tratta di un diavolo più ironico che perverso, capace persino di servire
la verità spogliandola dai paludamenti dell'ipocrisia che la deformano. Un esempio alla voce «Aiutare: crearsi un ingrato». Oppure per «Cultura: Tipo di ignoranza che caratterizza lo studioso». Ma stiamo alla citazione che abbiamo posto, un po' maliziosamente, all'inizio di questo 2006. Bierce ha ragione a smorzare la retorica delle illusioni che ci vengono ammannite con gli auguri di rito o che sono il condimento della politica, della pubblicità e persino talora di una certa religiosità solo consolatoria, sentimentale, curativa. Il famoso oratore greco Demostene (IV sec. a.C.) ammoniva: «Nulla è più facile che illudersi. Perché l'uomo crede vero ciò che desidera». Scendiamo, allora, sul terreno sassoso della vita e procediamo con uno sguardo meno trasognato e con progetti più realistici. Un po' di verità l'aveva anche il poeta inglese del '700 Alexander Pope quando coniava questa «nona beatitudine: Beato colui che non si aspetta nulla perché non sarà mai deluso». Guai però a estinguere nel cuore ogni desiderio e attesa, a spegnere ogni sogno: si perderebbe anche la voglia di vivere e si strapperebbe dall'anima il seme della felicità.
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