L'albero genealogico della famiglia Cinemà
sabato 14 settembre 2013
Tra figli, cugini, zii, nipoti e bisnipoti, con la famiglia Cinemà c’è da perdere il conto. Un albero genealogico cresciuto a dismisura in più di un secolo, con un destino scritto nel dna oltre che nel cognome. Perché tutti nella propria vita hanno vissuto una storia incrociando il grande schermo. Prendete la capostipite, la bis-bisnonna Lucille dai riccioli ribelli, corteggiata addirittura dai fratelli Lumière; la piccola Annie che, affacciandosi dalla vetrata del grattacielo dove abita lo zio Alan, scorge uno scimmione gigantesco che tanto assomiglia a King Kong con una fragile biondina tra le zampe; il giovane Boris ospite in Transilvania di un conte dai canini un po’ troppo sporgenti o ancora l’allegra Domitilla che racconta dei suoi viaggi in mondi lontani e dei suoi amici alti e smilzi dalla carnagione blu… E’ un viaggio spericolato tra personaggi indimenticabili e filmoni che hanno fatto storia quello in cui ci accompagna Andrea Valente raccontando “La famiglia Cinemà” (edizioni Il Castoro; 13,50 euro). Con la sua inconfondibile verve e l’arte del paradosso ci fa sfiorare capolavori come E.T, Colazione da Tiffany, Toy Story, Ladri di biciclette, Il segno di Zorro, Ombre rosse. E tanti altri. Dai 13 anni. Con carta e matite la domenica era tutto per loro: un papà teneramente a disposizione dei propri bambini, che per loro inventava, raccontava e disegnava storie incredibili attinte alla propria infanzia, per ingannare la noia. Vicende scherzose e strampalate, popolate di ciurme improbabili, pirati assatanati di budini di cui al solo nominarli – Capitan Crachers, Gas Lacrimino, Vecchio Mortodisonno o Pepe Batticarne – si intuivano vizi e virtù. Poi c’erano i pellerossa guidati dal Capo Wampum Scrumpumn, tribù golose di patatine fritte, in lotta con i buffi cowboy e i mostri della giungla che a loro volta intrecciavano storie con i pagliacci del circo e i banditi mascherati… Era il 1946 e lo scrittore, poeta e illustratore inglese Mervyn Peake, uomo di grande talento e umorismo, si era trasferito con la moglie e i due figli da Londra nella minuscola isola di Sark. Di quelle domeniche trascorse così, i bambini sui braccioli della poltrona e papà lì a disegnare, sono rimasti fogli e fogli, talvolta di quaderni a righe, molti con schizzi a penna, altri colorati a china o a tempera. Peccato, in tutto quegli anni Peake non scrisse mai nessuna di quelle storie e filastrocche che, inventate con tanto divertimento, accompagnavano le illustrazioni. Sessant’anni dopo, Michael Moorcock che di Peake era amico fraterno ha deciso di colmare quel vuoto, scrivendo lui in rima e in prosa testi da accostare a quei disegni. Ne è nato questo volume, “I libri della domenica”, ora tradotto in italiano e pubblicato dall’editore Elliot (24 euro), che farà la felicità dei tanti ragazzi – e non solo - appassionati di illustrazione oltre che di testi raffinati. Peake e Moorcook sono maestri da cui imparare. Dai 14 anni
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