sabato 12 giugno 2010
Le vacanze, meta desiderata di chi va a scuola e quasi una minaccia per quelle famiglie dove tutt'e due i genitori sono impegnati nel lavoro. Con due amiche, lo scorso anno, avevamo pensato di metterci a disposizione di un gruppo di bambini qualche giorno della settimana all'inizio delle vacanze. Sembrava un'idea semplice, qualcosa che a persone adulte, laureate, abituate a una vita sociale senza problemi, non doveva portare difficoltà. Ricordavamo tra noi come non fosse un problema " quand'eravamo giovani " lasciare i figli a giocare nel campo, mentre si chiacchierava all'ombra dei grandi pini. Erano sufficienti allora un pallone da calcio e due biciclette per passare un pomeriggio tranquillo. Non ci eravamo ancora rese conto come i figli del duemila avessero già percorso tanta strada della propria vita in pochi anni e come si fosse appassita quell'innocenza che gli adulti avevano loro negato tanto presto. Erano in tutto 10 bambini dai 5 ai 7 anni che le mamme ci avevano affidato tre pomeriggi alla settimana per un mese. Non solo non fu facile, ma all'inizio ebbe più l'aspetto di una battaglia che di un'assistenza. Alla fine del primo giorno i due gatti siamesi che facevano parte della famiglia stavano arruffati sui rami più alti degli alberi. Il bassotto che aveva trovato rifugio sul tetto della legnaia non smise di abbaiare per tutta la sera, mentre la macchina tagliaprato che era passata di mano in mano, prima lentamente e poi alla velocità di un treno, mostrava le ruote all'aria in mezzo a un cespuglio. La prima sera, affrante, davanti a un consiglio di famiglia, giudice severo delle nostre incapacità, non fu facile difenderci e assicurare noi stesse e tutti loro che il domani sarebbe stato migliore. Il giorno dopo la nostra fu un'aggressione di tipo " possiamo dire " culturale. Seduti in cerchio tutti assieme, attirati dalla presenza di un frigo portatile colmo di ogni tipo di gelati da distribuire a chi avesse dato le migliori risposte alle nostre domande, i bambini aspettarono attenti e in silenzio. Avevamo pensato di rendere visibili, attraverso la loro fantasia, la descrizione di concetti altrimenti difficili da spiegare. Ad esempio: cosa è per te il caldo? Con quale disegno lo sapresti raccontare? «Io lo farei " risponde il più grande " un uomo con la pelle scura, un po' imbronciato e con i baffi». Perché imbronciato e perché con i baffi? «Perché prima ha dovuto buttare via le nuvole per farsi strada e perché i baffi fanno caldo». Bravissimo, ecco il gelato. E tu Luca, come puoi descrivere la pace? «Come il mio nonno che dorme sulla poltrona». «No " interrompe il più piccolo " come due che si abbracciano!». Giusto, prendi il tuo premio. E cosa è per voi la verità? «Io non lo so, ma voglio il mio gelato». Prova a pensare: si vede la verità? «No, solo la mamma la vede negli occhi». Molto bene, ecco il premio. E continuammo così giocando sulle realtà della vita, conoscendo cosa è la gioia, la pazienza, l'amore, la giovinezza. Facendo dimenticare per qualche ora i giochi elettronici, la violenza delle macchinette a soldi dei bar, le foto dei giornali dei bambini della fame e della guerra.
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