martedì 30 dicembre 2014
«Knockin on Heaven's Door» (Bussare alla porta del Paradiso): titolo inglese e nuova rubrica sul “Fatto”. Ieri (p.18) inizia Dacia Maraini, che scrive sempre benissimo. Bella persona, incontrata più volte in Rai e anni fa in dialogo su fede e ragione al Liceo Giulio Cesare, miniera di miei bellissimi ricordi anni 70. Titolo per lei, «Non mi piaceva il Paradiso che raccontavano le Suore». Parla della sua infanzia in Giappone, travagliata da guerra e vicende razziali: «In Collegio il paradiso che mi prospettavano le suore… un luogo astratto e nebuloso, in cui galleggiavano schiere di santi, accanto a legioni di angeli (…) un Collegio celeste… mi dava la voglia di scappare via. Anche se le suore ripetevano con gli occhi lucenti che in paradiso si mangiavano solo cose squisite come pesche sciroppatee manna». Leggi che crescendo la bimba intelligente ha «scoperto il mondo del ragionamento di Voltaire», poi «Newton, Kant, Diderot». Perciò «oggi la parola Paradiso evoca in me delle immagini terrene (…) ora mi chiedo dove posso trovarlo un paradiso, anche piccolo… che non stia solo nella memoria gioiosa della prima infanzia giapponese». Senti simpatia: c'è quel “Bussare alla porta” e ti prende il desiderio di un postscriptum. Siamo attorno al Natale, e Qualcuno due millenni orsono ha detto: «Io sto alla porta e busso: se uno mi aprirà entrerò da lui e cenerò con lui, e lui con me» (Ap. 3, 20). Nessuno è escluso: neppure il discepolo più polemico di Voltaire, Kant e Diderot, se vuole. Ma in concreto è meglio non immaginare. Sta scritto infatti: «Occhio umano mai ha visto, orecchio umano mai ha ascoltato, cuore umano mai ha potuto presagire quello che Dio ha preparato per coloro che lo amano» (1Cor 2,9). Vale anche per chi ama davvero il prossimo: prima del Paradiso è l'unico modo sicuro di amare Dio…
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