Film di amore e di anarchia tanto per tradire ma senza capire

Ludovica Rampoldi - Breve storia d’amore - Italia 2025. 100 minuti
December 17, 2025
Film di amore e di anarchia tanto per tradire ma senza capire
Raccontare la vita adulta senza cadere nella trappola di stereotipi di vario ordine non è facile, in nessuna forma d’arte. Neppure il cinema molte volte trova la strada per aggirare l’insidiosa tentazione (e caduta) del rendere banale e trito quel che potrebbe risultare ispiratore. Nel film d’esordio di Ludovica Rampoldi, i quattro protagonisti sono adulti in senso anagrafico, ma ciascuno annaspa cercando se stesso, e lo fa attraverso tradimenti. Un girotondo di relazioni adultere tanto ben congegnato quanto (in ogni senso) fallimentare.
Ciascuno inganna il proprio partner spinto da motivi che altro non sono se non una profonda infedeltà a se stesso, una sfocata percezione di sé, una manchevole attrezzatura che gli impedisce di trovare propria definizione attraverso altro schema che non sia quello della menzogna amorosa. La sola un poco davvero adulta dei quattro personaggi, una donna che di professione è psicoanalista (interpretata da una sempre bravissima Valeria Golino), insiste a spiegare all’altra più giovane (Pilar Fogliati, sin troppo vibrante nel restituire una personalità disturbata) che “tradire” non è termine esatto, che la vita è più ampia di certi sotterfugi.
Eppure, nella maglie strette della fragile rete degli inganni ci finiscono tutti, in un malinconico balletto di fuochi fatui di seduzioni brevi, isterismi dovuti a innamoramenti fasulli, piccole e grandi bugie di esistenze scolorate nella loro rappresentazione. A uno stato di “calma apparente”, in questa storia che avrebbe potuto forse trovare una propria ragion d’essere se in gioco vi fossero stati dei sentimenti reali, profondi, si sostituisce la brezza fumosa di un “vento apparente”: la bonaccia effimera di una finta tempesta. Lea, giovane inquieta protagonista, tormentata da sospetto e gelosia si impegna a scombinare la propria vita e l’altrui, e trova così ispirazione per scrivere nientemeno che un romanzo. Il resto della trama è un progressivo ingolfarsi, di relazioni, interazioni, singoli destini.
Sinora sceneggiatrice, la regista al suo esordio maneggia l’intreccio, perché la giostra di bugie funziona, assai meno quella del racconto. Disagio lo procura il mondo narrato, e l’elusività delle forme di racconto usate. Tutto si riduce al compulsivo narcisismo della aspirante scrittrice, al misero protagonismo del suo compagno, alle dinamiche un poco meno trite ma lo stesso tristi dell’altra coppia, quella della psicoanalista e il suo aitante e titubante marito. Si ha nostalgia di grandi film che l’adulterio, di volta in volta nella sua profondità o nella sua desolazione, lo raccontavano con sottigliezza e maestrìa. Qui, sarà l’aria del nostro tempo a rimpicciolire i racconti, pare che ognuno tradisca e mandi tutto all’aria per mera vanità, o insicurezza, o indecisione: col risultato di cercarsi e non trovarsi, e nel tradire, doppiamente tradirsi, senza neppure essere in grado di capirlo.

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