Vicini di casa
Ho già riferito del nostro primo incontro, ma non è escluso che il signor Kenobi e io ci fossimo incrociati anche prima dell’autunno del 1989
Ho già riferito del nostro primo incontro, ma non è escluso che il signor Kenobi e io ci fossimo incrociati anche prima dell’autunno del 1989. Ce ne rendemmo conto in occasione di uno dei suoi passaggi a Milano, quando gli proposi di darci appuntamento in piazza Piemonte. «Benissimo – disse –, conosco la zona. Ho abitato da quelle parti». Seduti al tavolo di un bar, gli chiesi dove avesse alloggiato esattamente, e in quale periodo. L’indirizzo era lo stesso al quale avevamo vissuto per una decina di anni, quando frequentavo il liceo e l’università. Un condominio elegante, con un grande atrio che dava accesso a due colonne speculari di appartamenti. Casa mia era sulla scala di destra; quella di cui era stato ospite il signor Kenobi sulla sinistra.
All’epoca sapevo che un’azienda giapponese aveva impiantato nel palazzo una specie di foresteria. Ora scoprivo che tra i beneficiari di quella sistemazione c’era un cugino del signor Kenobi, presso il quale il mio conoscente aveva fatto tappa per qualche settimana. Non ho memoria di averlo mai incontrato, ma ricordo che una sera, mentre rincasavo, un bambino giapponese mi salutò dalla finestra così, senza motivo, come fanno i bambini. Forse presagiva che – presto o tardi, in un modo o nell’altro – saremmo entrati in confidenza.
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