Questioni di famiglia
Una famiglia il signor Kenobi l’aveva di sicuro, ma non se ne comprendevano le ramificazioni
Una famiglia il signor Kenobi l’aveva di sicuro, ma non se ne comprendevano le ramificazioni. Sapevo di un cugino che aveva lavorato a Milano negli anni Ottanta, avevo indicazioni sull’origine del cognome, non avevo idea di dove vivessero i suoi genitori, né se fossero ancora vivi. Di loro non parlava mai, non riuscivo a comprendere se per una forma estrema di pudore oppure per via di un risentimento crudele, che continuava ad alimentarsi indipendentemente dalle ragioni che lo avevano generato. Non facevo domande. Mi avrebbe detto lui, quando sarebbe stato il momento. Un giorno, aprendo una sua e-mail, scoprii che aveva una sorella, Natsumi. Minore di lui di un paio di anni, sposata, madre di due ragazzi che, al momento della rivelazione, dovevano frequentare le scuole superiori.
Il signor Kenobi annunciava di essere ospite di Natsumi, ma non si preoccupava di specificare in quale parte del mondo venisse onorato il gradito dovere dell’ospitalità. Mi sentivo autorizzato a immaginare quello che preferivo: una casa sul ruscello, un grattacielo di Tokyo, il retrobottega di un ristorante a Brooklyn. Per la sorella il signor Kenobi aveva parole di elogio indiscriminato, commovente. La meravigliosa parzialità degli affetti aveva intaccato anche le difese di quell’uomo inespugnabile.
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